(di Maria Grazia Marilotti)
ALESSANDRO ZORCO, "COME UNA
BREZZA LEGGERA" (EDIZIONI ABBA, PP 244, EURO 22).
Cronache dal mondo Pao in "Come una brezza leggera", romanzo
d'esordio del giornalista Alessandro Zorco. Racconta una realtà
distopica, tra universi paralleli, una stampa asservita e
controllata dal potere, una rassicurante "prospettiva unica",
droghe e wellness. Un'opera prima in bilico tra fantascienza e
fantapolitica, scritta in una lingua a metà tra gli slang
metropolitani e il gergo giornalistico, densa di citazioni e
riferimenti all'Italia e specialmente alla Sardegna di oggi. E
un'esilarante e graffiante satira sul mondo dell'informazione a
più dimensioni, quella dei "pennastorie", e l'anello debole
della filiera, i "senzascrivania", "figli di uno zio minore".
Alessandro Zorco scrive per metafore, dissemina indizi, dà ai
suoi personaggi "nomi parlanti", smaschera con distorsioni
fonetiche la versione speculare dei rappresentanti dei poteri
forti, s'inventa un paradiso perduto, un mondo sottosopra
all'ombra del Pongo, una gigantesca quercia che distilla la
felicità. Un'eccessiva smania di potere ha fatto esplodere la
pianta, di cui resta un'ultima, preziosa Sacra Scheggia e sono
così nati due universi opposti, Mondo Pao e Sottomondo, mentre
dove si trovava la grande quercia si è formata la "tetra
voragine" di Buconero, in cui prosperano malaffare e traffici
illeciti.
"Come una brezza leggera" è una moderna epopea, con un
protagonista, Leone Zueg, figlio del Divo, ovvero il sovrano del
Mondo Pao, mentre sul Sottomondo regna Solanas Il Folle. Il
giovane solitario e ribelle, refrattario agli usi e costumi dei
suoi concittadini scopre grazie al misterioso "Libro di
Arangino" l'esistenza del Sottomondo. Quando la sorellina
Cartuccia, con forti tendenze autodistruttive, varcherà il
confine tra i due mondi alla ricerca di sensazioni forti,
finendo nelle mani del potente signore del luogo, il nostro
"eroe" verrà inviato in missione per salvarla. E qui inizia
un'avventura dagli esiti quanto meno imprevedibili. "Come una
brezza leggera", quella che spira sui bastioni di una Cagliari
vagamente evocata, regala una "sontuosa sprezzatura di
calembour", come sottolinea nella prefazione Celestino Tabasso,
con una trama che rimanda allo stile di Stefano Benni, anche se
forse "un malintenzionato vorrà leggerci anche o soltanto una
satira del mondo di mezzo della nostra informazione, della
nostra politica e del nostro potere diffuso".
Una lettura godibile, con un'ironia talvolta al vetriolo in
una scrittura che, suggerisce ancora Tabasso, "sembra una grande
tavola di Jacovitti, dove le cravatte diventano serpenti e le
corna del toro due bottiglie".
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