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Becciu si difende, "soldi a coop sociale, non a parenti"

Becciu si difende, "soldi a coop sociale, non a parenti"

Fondi S.Sede,difese reclamano nullità processo.Asif parte civile

CITTÀ DEL VATICANO, 18 febbraio 2022, 19:47

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Fausto Gasparroni) A margine del processo sui fondi della Segreteria di Stato vaticana, il cardinale Angelo Becciu si dice "orgoglioso" per i soldi fatti avere a una cooperativa sociale sarda, non certo a suoi parenti, e al contempo "afflitto" per le perquisizioni scattate martedì scorso per ordine della procura di Sassari, a Ozieri, Pattada, Bono e Roma, in un'indagine per riciclaggio su fondi che dallo Ior e dalla Cei sarebbero finiti a Enti facenti capo a parenti e amici dello stesso ex sostituto.
    "Sono fiero e orgoglioso di aver trovato fondi per sostenere la Cooperativa Spes che dà lavoro a 60 ragazzi e ragazze - dichiara ai giornalisti -: ex drogati, ex carcerati, ragazzi con problemi di salute. È una Cooperativa, braccio destro della Caritas di Ozieri, impegnata nel problema sociale". "L'accusa che mi è stata fatta è che io, inviando soldi alla Caritas di Ozieri, ho voluto favorire i miei familiari - ricorda -. Questa è un'accusa dalla quale mi difenderò in tribunale e che ho sempre respinto e respingo". "E la respingo con la stessa documentazione dei magistrati che è contenuta nella citazione a giudizio - prosegue -: loro hanno accertato che sono stati inviati alla Caritas nel 2013 100 mila euro, nel 2015 25 mila euro, nel 2018 100 mila euro. Accertano gli stessi che i 100 mila euro del 2018 sono fermi, bloccati, sono ancora nel conto della Caritas perché il vescovo deve iniziare la costruzione di una casa di servizio per i poveri che inizierà a breve. Casa che sorgerà su un terreno donato dal comune di Ozieri". "I 25 mila euro - spiega ancora Becciu - sono stati utilizzati per comprare un macchinario per panificio. Questi 100 mila e 25 mila euro erano dell'Obolo. I 100 mila euro del 2013, ammettono loro stessi, erano un prestito dello Ior che io avevo chiesto e che ho restituito. Li avevo inviati in attesa che arrivassero i finanziamenti della Cei, la Cooperativa mi ha già restituito 50 mila euro e 50 mila li ho lasciati in donazione per aiutare le loro opere socio-caritative".
    "Quindi alla fine - continua il cardinale - sono 125 mila euro che dall'Obolo di San Pietro sono arrivati. Questi 125 mila euro sono lì, quali soldi sono arrivati ai miei familiari?". E ancora: "Il fondo Cei, con quello io che c'entro? L'ha dato la Cei perché, a detta dello stesso economo del tempo interrogato adesso dai magistrati, il progetto era buono e da sostenere.
    Hanno fatto la rendicontazione e tutto è stato speso regolarmente. Io cosa c'entro?". "Io devo rispondere solo di quei 125 mila euro - ribadisce -. Centomila sono ancora non spesi nel fondo della Caritas, i 25 mila sono stati usati per comprare il macchinario del panificio. Cosa è andato ai miei familiari?".
    "C'è stato questo blitz di martedì scorso - aggiunge -, mi ha afflitto tanto, seppure le guardie di finanza e il procuratore di Sassari sono stati molto gentili. Hanno fatto capire che era un atto dovuto, dopo una segnalazione venuta dall'ufficio del Promotore di Giustizia del Vaticano. A distanza di sei mesi un'altra ispezione, un'altra indagine: è un'umiliazione per la diocesi e per il vescovo. Voglio manifestare tutta la mia solidarietà per il vescovo che ha patito queste umiliazioni".
    Intanto, non esce ancora dalla fase preliminare il processo in Vaticano nato dalla compravendita del Palazzo di Londra, la cui settima udienza, oltre a Becciu, ha visto oggi presente tra gli imputati il solo mons. Mauro Carlino. Dichiarati contumaci gli altri otto. Novità della giornata, l'ingresso tra le parti civili - oltre alla Segreteria di Stato, lo Ior e l'Apsa - anche dell'Asif (Autorità di supervisione e informazione finanziaria), l'ex Aif, i cui ex dirigenti René Bruelhart e Tommaso Di Ruzza figurano tra gli imputati.
    Il presidente Giuseppe Pignatone ha definitivamente riunito i due tronconi del procedimento: quello con sei imputati che era andato avanti nonostante le eccezioni di nullità e quello con i quattro per i quali gli atti erano stati restituiti al promotore di giustizia e per i quali è stato decretato un nuovo rinvio a giudizio. L'udienza è stata quindi nuovamente dedicata alle eccezioni delle difese, che tutte hanno ancora reclamato la "nullità" del decreto di citazione a giudizio.
    "Il tema cruciale è la violazione del principio di legalità, che determina una serie di nullità assolute - ha detto l'avv.
    Luigi Panella, difensore di Enrico Crasso -. Questo processo ha visto adottare 4 'rescritti' con cui il Papa ha modificato parti dell'ordinamento, ma ne siamo venuti a conoscenza solo nel luglio 2021. E il promotore di giustizia Milano, dicendo che il Papa è espressione del diritto divino e può modificare l'ordinamento come vuole, ha teorizzato l'inesistenza in questa giurisdizione dello stato di diritto". Il legale ha parlato di "negazione dello stato di diritto per come è evoluto negli ultimi secoli, riportando a una situazione alto-medievale.
    Nessun Paese ha un diritto su queste basi". Altre specie di nullità riguardano il mancato deposito degli atti - contestata la tesi dell'accusa di aver voluto rendere disponibili solo i documenti utilizzati -, quando "la difesa deve poter accedere a tutti gli atti sequestrati, senza limitazioni di sorta".
    Il Tribunale ha infine rinviato il processo all'udienza del 28 febbraio, per gli ultimi interventi delle parti, mentre all'indomani, 1/o marzo, risponderà a tutte le questioni con un'ordinanza. E - "se l'attività andrà avanti", ha premesso Pignatone - stabilirà un primo programma della trattazione nel merito, pianificando gli interrogatori degli imputati.
   

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