(di Fausto Gasparroni)
A margine del processo
sui fondi della Segreteria di Stato vaticana, il cardinale
Angelo Becciu si dice "orgoglioso" per i soldi fatti avere a una
cooperativa sociale sarda, non certo a suoi parenti, e al
contempo "afflitto" per le perquisizioni scattate martedì scorso
per ordine della procura di Sassari, a Ozieri, Pattada, Bono e
Roma, in un'indagine per riciclaggio su fondi che dallo Ior e
dalla Cei sarebbero finiti a Enti facenti capo a parenti e amici
dello stesso ex sostituto.
"Sono fiero e orgoglioso di aver trovato fondi per sostenere
la Cooperativa Spes che dà lavoro a 60 ragazzi e ragazze -
dichiara ai giornalisti -: ex drogati, ex carcerati, ragazzi con
problemi di salute. È una Cooperativa, braccio destro della
Caritas di Ozieri, impegnata nel problema sociale". "L'accusa
che mi è stata fatta è che io, inviando soldi alla Caritas di
Ozieri, ho voluto favorire i miei familiari - ricorda -. Questa
è un'accusa dalla quale mi difenderò in tribunale e che ho
sempre respinto e respingo". "E la respingo con la stessa
documentazione dei magistrati che è contenuta nella citazione a
giudizio - prosegue -: loro hanno accertato che sono stati
inviati alla Caritas nel 2013 100 mila euro, nel 2015 25 mila
euro, nel 2018 100 mila euro. Accertano gli stessi che i 100
mila euro del 2018 sono fermi, bloccati, sono ancora nel conto
della Caritas perché il vescovo deve iniziare la costruzione di
una casa di servizio per i poveri che inizierà a breve. Casa che
sorgerà su un terreno donato dal comune di Ozieri". "I 25 mila
euro - spiega ancora Becciu - sono stati utilizzati per comprare
un macchinario per panificio. Questi 100 mila e 25 mila euro
erano dell'Obolo. I 100 mila euro del 2013, ammettono loro
stessi, erano un prestito dello Ior che io avevo chiesto e che
ho restituito. Li avevo inviati in attesa che arrivassero i
finanziamenti della Cei, la Cooperativa mi ha già restituito 50
mila euro e 50 mila li ho lasciati in donazione per aiutare le
loro opere socio-caritative".
"Quindi alla fine - continua il cardinale - sono 125 mila
euro che dall'Obolo di San Pietro sono arrivati. Questi 125 mila
euro sono lì, quali soldi sono arrivati ai miei familiari?". E
ancora: "Il fondo Cei, con quello io che c'entro? L'ha dato la
Cei perché, a detta dello stesso economo del tempo interrogato
adesso dai magistrati, il progetto era buono e da sostenere.
Hanno fatto la rendicontazione e tutto è stato speso
regolarmente. Io cosa c'entro?". "Io devo rispondere solo di
quei 125 mila euro - ribadisce -. Centomila sono ancora non
spesi nel fondo della Caritas, i 25 mila sono stati usati per
comprare il macchinario del panificio. Cosa è andato ai miei
familiari?".
"C'è stato questo blitz di martedì scorso - aggiunge -, mi ha
afflitto tanto, seppure le guardie di finanza e il procuratore
di Sassari sono stati molto gentili. Hanno fatto capire che era
un atto dovuto, dopo una segnalazione venuta dall'ufficio del
Promotore di Giustizia del Vaticano. A distanza di sei mesi
un'altra ispezione, un'altra indagine: è un'umiliazione per la
diocesi e per il vescovo. Voglio manifestare tutta la mia
solidarietà per il vescovo che ha patito queste umiliazioni".
Intanto, non esce ancora dalla fase preliminare il processo
in Vaticano nato dalla compravendita del Palazzo di Londra, la
cui settima udienza, oltre a Becciu, ha visto oggi presente tra
gli imputati il solo mons. Mauro Carlino. Dichiarati contumaci
gli altri otto. Novità della giornata, l'ingresso tra le parti
civili - oltre alla Segreteria di Stato, lo Ior e l'Apsa - anche
dell'Asif (Autorità di supervisione e informazione finanziaria),
l'ex Aif, i cui ex dirigenti René Bruelhart e Tommaso Di Ruzza
figurano tra gli imputati.
Il presidente Giuseppe Pignatone ha definitivamente riunito i
due tronconi del procedimento: quello con sei imputati che era
andato avanti nonostante le eccezioni di nullità e quello con i
quattro per i quali gli atti erano stati restituiti al promotore
di giustizia e per i quali è stato decretato un nuovo rinvio a
giudizio. L'udienza è stata quindi nuovamente dedicata alle
eccezioni delle difese, che tutte hanno ancora reclamato la
"nullità" del decreto di citazione a giudizio.
"Il tema cruciale è la violazione del principio di legalità,
che determina una serie di nullità assolute - ha detto l'avv.
Luigi Panella, difensore di Enrico Crasso -. Questo processo ha
visto adottare 4 'rescritti' con cui il Papa ha modificato parti
dell'ordinamento, ma ne siamo venuti a conoscenza solo nel
luglio 2021. E il promotore di giustizia Milano, dicendo che il
Papa è espressione del diritto divino e può modificare
l'ordinamento come vuole, ha teorizzato l'inesistenza in questa
giurisdizione dello stato di diritto". Il legale ha parlato di
"negazione dello stato di diritto per come è evoluto negli
ultimi secoli, riportando a una situazione alto-medievale.
Nessun Paese ha un diritto su queste basi". Altre specie di
nullità riguardano il mancato deposito degli atti - contestata
la tesi dell'accusa di aver voluto rendere disponibili solo i
documenti utilizzati -, quando "la difesa deve poter accedere a
tutti gli atti sequestrati, senza limitazioni di sorta".
Il Tribunale ha infine rinviato il processo all'udienza del
28 febbraio, per gli ultimi interventi delle parti, mentre
all'indomani, 1/o marzo, risponderà a tutte le questioni con
un'ordinanza. E - "se l'attività andrà avanti", ha premesso
Pignatone - stabilirà un primo programma della trattazione nel
merito, pianificando gli interrogatori degli imputati.
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