(di Enrica Piovan)
Arriva la 'pensione anticipata
flessibile' ma con un tetto sull'assegno e divieto di cumulo.
C'è l'adeguamento all'inflazione ma solo per le pensioni fino a
2.100 euro: per tutti gli altri assegno ridotto rispetto alle
attese con minori guadagni da oltre 400 euro annui. Da quota 103
al nuovo metodo di calcolo per rivalutare gli assegni al caro
vita, le novità in materia di pensioni introdotte dalla manovra
lasciano aperti alcuni nodi. Ai quali si aggiungono i dubbi
anche intorno alla nuova Opzione donna.
A destare le maggiori preoccupazioni è il nuovo meccanismo di
perequazione delle pensioni, che segna un ritorno alle 'fasce'
al posto dei più favorevoli tre 'scaglioni' Prodi ripristinati
lo scorso anno dal governo Draghi. Di fatto, dal primo gennaio,
l'adeguamento all'inflazione (che un decreto del ministro
dell'economia Giorgetti ha fissato al 7,3%) sarà pieno solo per
gli assegni uguali o inferiori a 4 volte il minimo (2.096 euro
lordi), ma oltre quella soglia scattano tagli progressivi. La
rivalutazione quindi sarà dell'80% per la fascia 2.096-2.620
euro; per poi scendere progressivamente al 55%, al 50%, al 40% e
infine al 35% per le pensioni superiori a 10 volte il minimo
(5.240 euro lordi). Ciò significa che chi percepisce 2.600 euro
lordi, vedrà la propria pensione salire di 146 euro (la
rivalutazione all'80% si traduce in un +5,84%), ma perdendo
rispetto al vecchio sistema circa 34 euro al mese e 446 l'anno.
Per un assegno di 3.100 euro lordi si arriverà ad intascare 110
euro al mese in meno.
Un sistema che consente risparmi (stimati intorno ai 2
miliardi) necessari per coprire delle misure previdenziali
contenute nella legge di bilancio. Ma che manda su tutte le
furie i sindacati. "I pensionati italiani sono trattati come
bancomat", attacca il segretario generale dello Spi-Cgil Ivan
Pedretti, facendo notare che pensioni da 1.500-1.600 euro netti
al mese, frutto di oltre 40 anni di lavoro e di contributi
versati, vengono "fatte passare per ricche". A guadagnarci -
anche se di poco - saranno invece le pensioni minime, per le
quali è prevista una rivalutazione del 120%: oltre
all'adeguamento del 7,3%, ci sarà anche un incremento di ogni
mensilità di 1,5 punti percentuali (e di altri 2,7 punti nel
2024) e così i 2,5 milioni di pensionati coinvolti riceveranno
570 euro. Circa 8 euro in più del dovuto, ma Forza Italia punta
a fare di più: "Noi diciamo al governo che, scavando nelle
pieghe del bilancio è possibile trovare altri fondi per portarle
a 600 euro, almeno per chi ha più di 70 anni e un Isee molto
basso", dice il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè.
Anche l'introduzione di quota 103 lascia aperte alcune
questioni. La 'pensione anticipata flessibile', così
ribattezzata in manovra, consente l'uscita con 41 anni di
contributi ed un minimo di 62 anni d'età, ma fissa un paletto
che appare disincentivante: un 'tetto' agli assegni che, fino al
raggiungimento dell'età pensionabile (67 anni d'età oppure 42
anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi
per le donne), non può superare cinque volte il valore delle
pensioni minime (quindi 2.620 euro lordi). Gli assegni, inoltre,
non potranno essere cumulati con altri redditi da lavoro
occasionale oltre il limite dei 5mila euro. Sono previste anche
delle 'finestre' di uscita: di tre mesi per i lavoratori privati
e di 6 per quelli pubblici. Ma per i soggetti che avranno
maturato i requisiti il 31 dicembre di quest'anno dovrà
attendere per il pensionamento, che scatterà ad aprile 2023 se
si tratta di un dipendente privato, o agosto sempre del 2023 se
il lavoratore è un dipendente della pubblica amministrazione.
A creare dubbi è anche 'Opzione donna'. L'anticipo della
pensione per le lavoratrici viene prorogato di un anno, ma
rimodulato in base al numero di figli. In attesa di vedere la
formulazione della norma (nella bozza l'articolo è ancora
vuoto), l'ex sindaca di Torino e deputata M5s Chiara Appendino
avverte che così si penalizzano le donne che non hanno figli,
"colpevolizzando chi ha fatto una libera scelta o chi non ha
potuto avere figli pur volendoli". Così la norma è
incostituzionale avvertono i giuristi. Secondo Gaetano Azzariti,
professore ordinario di diritto costituzionale a La Sapienza,
citato da Il fatto quotidiano, si tratta di "una distinzione
irragionevole che può portare a sollevare la violazione del
principio di uguaglianza".
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