ENZO FILENO CARABBA, ''IL DIGIUNATORE'' (PONTE ALLE GRAZIE, pp. 256 - 16,00 euro). Il fatto che Giovanni Succi sia esistito davvero e abbia persino già ispirato un grande scrittore, Franz Kafka col suo racconto ''Un digiunatore'', rischia di distrarre il lettore dal fatto che ha tra le mani un vero romanzo di un autore fedele a se stesso, se nel suo Giovanni avvertiamo echi di certe visioni, stralunamenti e situazioni picaresche dello Jacob Pesciolini del suo libro d'esordio come le radici nel reale delle ''Vite sognate del Vasari''. Carabba del resto confessa, in una nota finale, di credere che tra lui e il Succi ''un contatto telepatico ci sia stato'' e di essere entrato, a forza di far ricerche, ''in una specie di trance, immaginando scene e episodi che nei documenti non ci sono'' e che oramai farebbe ''fatica a dire questo è vero, questo è inventato''.
Un romanzo di un realismo fiabesco e visionario dunque sulle avventure e l'educazione sentimentale di un personaggio esemplare che in Africa, dove è andato per far commerci, grazie a una sorta di stregone che lo guarisce da un male oscuro, scopre come porre rimedio alla confusione e l'eccesso col digiunare sino a fare il vuoto dentro di sé per cercar di ottenere un po' più di chiarezza e sentire che lo scopo della sua vita è il realizzarsi in relazione con gli altri, cui trasmettere la sua esperienza, interrogandosi implicitamente e vanamente su se stesso, al di là degli aspetti da fenomeno da circo. Una sorta di perenne sfida, vissuta non in modo sprezzante ma con un sorta di ingenua, gaia naturalezza, grazie a quelle forze, allo ''spirito del leone'' che il digiuno porta a galla.
Il suo non è un digiuno punitivo e inibitore delle forze, ma al contrario un modo di trovare lucidità e esaltare positivamente la vitalità, spingendolo alla generosità: ''Grazie al digiuno conobbe la bontà sovraumana''. E' il risultato anche del controllo di sé: quando, durante il primo digiuno cui lo ha spinto lo stregone, Giovanni sente con ''lucidità insopportabile'' i suoi organi interni e il fegato che si ''torce e urla e lo chiama per nome'', questi gli dice ''Parla al tuo fegato, parla col tuo stomaco, digli che va tutto bene.
Sei tu che comandi. Non lui''.
Figura sorprendente e sconcertante, non a caso finirà chiuso a forza per due brevi periodi in manicomio. Tutto fa comunque parte del personaggio, anche del Giovanni Succi vero, nato nel 1850 a Cesenatico e morto nel 1918 a Scandicci (per conoscere il quale, in appendice, è offerta una bella bibliografia), che diventa pubblico e incuriosisce, così che lo fa finire al centro dei cambiamenti e le novità di fine Ottocento e inizio secolo.
Fedele al suo ideale socialista, lo troviamo in Egitto come nel centro dell'Africa o a Buenos Aires, così a Londra e New York, a Parigi (magari nell'anno dell'Esposizione Universale riuscendo a salire sulla neonata Tour Eiffel) o Praga, dove pare abbia incontrato Kafka appunto, come incrocia altri personaggi straordinari, da Bufalo Bill all'esploratore Stranley, da Emilio Salgari a Georges Melies, Giuseppe Verdi e il poeta Dino Campana, si interessa di telepatia e spiritismo e si trova a attirare l'attenzione del neurologo Jean-Martin Charcot, che lo studia assieme ai suoi giovani discepoli Sigmund Freud e Axel Munthe.
Tutto questo esibendosi, facendo cose apparentemente mirabolanti, come dire di star ingerendo veleno senza conseguenze o parlare del misterioso liquore o elisir dalla ricetta segreta che asseriva ora essere alla base, ora essere ininfluente rispetto ai suoi successi e la sua forza. Il fatto è, come scrive Carabba, che ogni tanto ''Nascono uomini inarrestabili. A volte è bene, a volte è male. La loro inarrestabilità non ha a che vedere col buonsesnso''.
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