RENZO E CARLO PIANO 'ATLANTIDE' (PP 295 FELTRINELLI EURO 19,00) "Nel libro emerge qualche rimorso sulle opere fatte, qualche leggero pentimento ma errori no, errori mai". L'architetto Renzo Piano ha sorriso mentre raccontava che nelle pagine del libro scritto con il figlio Carlo, 'Atlantide, viaggio alla ricerca della bellezza', ci sono tante riflessioni, storie e curiosità sulle opere realizzate in giro per il mondo nella lunga carriera. Gli è venuto da sorridere all'archistar parlando di possibili errori e ha aggiunto: "Ho fatto tante cose ma quella giusta non l'ho fatta ancora". Da qui la necessità di scrivere il libro a quattro mani con il figlio giornalista dopo un viaggio di due anni sui luoghi dei suo lavori.
"Questo libro è una vendetta, l'ho estorto a mio padre.
Perchè lui per anni quando ero bambino ci ha sempre 'deportato' in barca, tutte le estati, senza toccare terra - ha detto Carlo -. Per noi che volevamo giocare e guardare le serie in tv di Furia era bello ma anche difficile. Per cui questa volta l'ho tenuto io segregato per mesi. Il libro è nato in mezzo agli oceani dove lui non poteva scappare".
Una scusa, le traversate insieme in nave di Atlantico e Pacifico, per riflettere, mettere a punto nuove idee.
L'architetto spiega: "E' stata un modo per cercare di conoscermi più a fondo, riflettere sul lavoro fatto e, soprattutto guardarmi allo specchio, attraverso mio figlio". "L'obiettivo era trovare quello che non è riuscito a fare - ha detto Carlo -.
Atlantide è la città perfetta che un architetto ha sempre cercato di fare. Lui ha cercato di farla anche in mezzo al Pacifico, in Giappone".
"Atlantide, come Itaca, è una scusa per partire. Tutti abbiamo una Atlantide da scoprire", dice il senatore. "Il mare è lentezza - spiega - invoglia alla riflessione. Siamo stati molto tempo insieme con Carlo. Lui è stato in grado di rovistare nei segreti più segreti ed è anche testimone oculare. Mi ha spinto alla confessione. A capire che la cosa giusta non l'ho ancora fatta, la cerco ancora".
Nel cuore ha tutte le opere progettate e realizzate, ma il Beaubourg, fatto con Rogers, gli diede la notorietà: "Il Beaubourg non lo posso dimenticare - spiega con un altro sorriso - lo vedo tutti i giorni quando esco dall'ufficio. Ci vado a pranzo come fosse un'osteria. Ancora oggi mi stupisco che ce lo abbiano fatto fare. Eravamo dei ragazzacci. Credo sia l'unica traccia del maggio '68 rimasta". Nel libro scrive: "Mi sono sempre chiesto cosa pensasse mio padre del Beaubourg e di cosa combinavo. Quello con lui era un rapporto in cui non si faceva un gran parlare...Cercavo di sapere attraverso la mediazione di mia madre che idea ne avesse. Per lei il mio era stato un colpo di genio, ma lui non fu mai esplicito, in fondo credo che non gli dispiacesse...a me piace pensare che silenziosamente ne fosse fiero".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA