ALAN SEPINWALL, 'TELERIVOLUZIONE' (BUR RIZZOLI, PP 480, 14,50 EURO). I prodotti di consumo dell'industria culturale, a un certo punto, raggiungono una propria maturità e passano dalla riprovazione all'ammirazione della critica. E' successo, negli anni Sessanta, al cinema, negli anni Ottanta alla moda, oggi alla cucina. Dagli anni Novanta, è toccato ai telefilm. Il racconto di quest'ultimo ribaltamento culturale è affidato al critico televisivo americano Alan Sepinwall, che nel suo Telerivoluzione ci racconta il passaggio dalla tv vintage e polverosa alla tv delle serie: sesso, violenza, antieroi senza rimorsi, attori semisconosciuti, trame articolate. Un linguaggio composito e irresistibile che ha cambiato per sempre la televisione e il nostro modo di guardarla. "Un tempo c'erano i campioni di incassi da una parte, i film d'autore dall'altra e una vasta gamma di prodotti nel mezzo. Il XXI secolo vide la lenta estinzione del cosiddetto middle class movie, perché il film doveva subito fare grandi incassi o costare poco, oppure era fuori. Quel posto fu riempito dalla televisione e se lo spettatore desiderava una trama per adulti drammatica e coinvolgente, non andava più al multisala, ma si piazzava nel divano di casa". Tra gli show che hanno aperto la strada alla rivoluzione del XXI secolo c'è Twin Peaks, di David Lynch, "mix baroccheggiante di poliziesco, soap opera e melodramma anni Cinquanta, dove per settimane dall'estate 1990 gli spettatori impazzirono scervellandosi per capire chi avesse ucciso Laura Palmer, ed a coinvolgerli contribuiva il fatto che le stramberie erano unite al progresso nelle indagini e ai drammi personali degli abitanti". I Soprano, tuttavia, "fecero capire al mondo che in tv stava succedendo qualcosa di speciale, perché riscrisse le regole della tv rendendola un posto migliore e più accogliente per un pubblico a cui piaceva pensare, persino quando narrava le vicende di un branco di ostinati, ignoranti esseri umani". Come il boss della mafia italoamericana Tony Soprano, interpretato da James Gandolfini, che tra omicidi e psicanalisi "sfida il pubblico, anziché coccolarlo, perche non diventa più umano nel tempo, anzi, esprimendo una visione cinica dell'umanità". Poi arriva Lost, dove già dai primi minuti si viene rapiti da questa avventura di un gruppo di sopravvissuti ad un disastro aereo su un'isola deserta. "Il luogo forniva un'ambientazione da thriller mentre i flashback erano come racconti a sfondo tragico su persone la cui vita non era andata secondo le loro speranze".
Altro successo è Mad Men, ambientato nel mondo pubblicitario di New York anni Sessanta, in cui l'antieroe Don Drapen appare opposto a Tony Soprano perché è bello ed elegante, eloquente e non volgare. "Ma dietro la sua impeccabile facciata, Draper è imperfetto, complicato e affascinante con tutti i grandi personaggi della rivoluzione tv e si trova al centro di una serie che esplora con maestria la differenza tra percezione e realtà".
Con Breaking Bad, lo spettatore "sprofonda in mondo da incubo pieno di scelte oscure, violenza e immaginario surreale, di cui è protagonista un professore di chimica alle superiori che in seguito ad una diagnosi di tumore si mette a 'cucinare"' metanfetamina per sostentare la famiglia. E per cinque stagioni racconta la storia di un uomo in cui potremmo immedesimarci, ma che poi affronta una metamorfosi, da buon cittadino osservante a narcotrafficante. Perché, come dice l'autore, Vince Gilligan, "nessuno di noi, in realtà, è immobile".
Il libro, divertente e ricco di aneddoti, spiega come, quando e perché, ma soprattutto chi ha stabilito il nuovo "canone letterario" della fiction mondiale rivoluzionando il nostro modo di scrivere, raccontare e perfino concepire storie.
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