"Vedere questo film è stato emozionante, ho pianto dalla prima scena alla fine, ho consumato parecchi fazzoletti… I personaggi che si vedranno sono verosimili, mia nonna e mio padre in particolare. Le scene dove con il mio papà poi sono state le più toccanti perchè anche se ero molto piccola ho un ricordo di lui molto nitido, sento l'odore della sua colonia quando mi prendeva in braccio". Egea Haffner di Bolzano è "la bambina con la valigia": immagine simbolo dell'esodo giuliano-dalmata e del dramma delle foibe, cristallizzata in quella foto con il vestitino a quadretti rosa e gialli, i calzini dal risvolto una piccola valigia con la scritta "Esule giuliana". Il fotografo ha fermato l'attimo il 6 luglio 1946, quando Egea aveva 4 anni e lasciava la sua terra, Pola, la casa e tutto ciò che conosceva, per fuggire altrove. Quella famosa foto è stata ripresa anche in una mostra del Museo della Guerra di Rovereto. Egea ha oggi 83 anni, vive a Rovereto e ricorda tutto, suo padre Kurt prima di sparire per sempre una mattina, prelevato da casa di notte: verrà ucciso dai titini jugoslavi e gettato nelle foibe. Un dramma che condannò la piccola Egea e i suoi parenti alla fuga e all'esilio. La sua foto è anche la copertina del libro La bambina con la valigia (Piemme, 205 pagine, 14 euro) della scrittrice Gigliola Alvisi. Ora la sua storia è diventata un film per Rai1, presentato oggi al Circolo Rai di Tor di Quinto di Roma, che andrà in onda il 10 febbraio in prima serata, per il Giorno del Ricordo, e su RaiPlay. Diretto da Gianluca Mazzella, sceneggiato da Andrea Porporati e prodotto da Rai Fiction e Clemart, prodotto da Gabriella Buontempo e Massimo Martino, il film si intitola La bambina con la valigia, come il libro di cui è un libero adattamento. Protagoniste, interpreti di Egea Haffner, nelle diverse età della sua vita, le attrici Petra Bevilacqua (da bambina) e Sinéad Thornhill. Sandra Ceccarelli è sua nonna, Sara Lazzaro la zia Andrea Bosca il padre Kurt. Egea è costretta a lasciare la sua terra e ad affrontare un futuro incerto a Bolzano, accudita dalla nonna Maria (Ceccarelli) e dalla zia Ilse (Lazzaro), che l'ama come una figlia. La sua vera mamma, Ersilia, sceglie invece di trasferirsi in Sardegna per aprire un negozio di parrucchiera ed emanciparsi dalla famiglia Haffner, dalla quale non si è mai sentita accettata. A Bolzano Egea crescerà, scoprendo sulla propria pelle il dramma dello sradicamento, dell'esodo, che accomunò più di 250mila persone, delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane, costrette a lasciare la propria casa e a ricostruire un nuovo futuro. Egea Haffner ricorda anche li primi anni di diffidenza alle scuole elementari: "Una madre superiora molto austera una volta mi fece togliere un vestito che mi aveva cucito mia zia con dei fiorellini in organza per farlo indossare a un'altra bambina per una recita e mi fece cambiare fui costretta a mettere una gonna larga in flanella, poi c'era anche un dobermann. Le ingiustizie che si vedranno nel film sono accadute veramente perchè gli esuli non erano ben visti". Sandra Ceccarelli: "La nonna Maria all'inizio ottimista e fiduciosa per il futuro ma viene smentita in fretta. Maria è costretta a lasciare tutta la sua vita e tutto il suo passato e non avrà più notizie di questo suo figlio. L'elaborazione del lutto, senza vedere il corpo, è più dolorosa". Andrea Bosca: "Mi viene da pensare che questa storia racconta che la guerra, dal '900 in poi, ricade soprattutto sui civili, non è una guerra tra eserciti. E sono guerre che ricadono soprattutto sui bambini che vengono private delle loro vite all'inizio. Ovunque oggi nel mondo, questi civili, donne bambini, perdono casa, non sai chi ritroverai un domani e vorresti solo la tua famiglia. Questa lezione storica non è stata ancora compresa". Sara Lazzaro: "La zia è' un punto di riferimento affettivo e una figura di tramite. Tra lei e la bambina, nascerà un bellissimo rapporto di complicità. Questa zia è sempre molto vigile, ha una grandissima forza silenziosa e una grandissima dedizione". Gigliola Alvisi: "Raccontare questa storia è stata una grande emozione e una grande sfida come scrittrice. Non avevo mai avuto accanto a me una testimone della storia che stavo scrivendo. Mi piaceva l'idea di trasmettere questa storia soprattutto ai ragazzi". Il regista fa notare: "Abbiamo raccontato questo film dal punto di vista di una bambina e di una ragazza, un punto di vista minimalista".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA