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Uto Ughi, la mia musica 60 anni dopo

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Uto Ughi, la mia musica 60 anni dopo

'Indignato su situazione musica in Italia', torna alla IUC

ROMA, 18 maggio 2019, 10:38

Paolo Petroni

ANSACheck

Uto Ughi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Uto Ughi - RIPRODUZIONE RISERVATA
Uto Ughi - RIPRODUZIONE RISERVATA

''Ogni giorno si cambia e non si suona mai uno stesso pezzo allo stesso modo perché la vita porta nuove esperienze, positive e negative che arricchiscono e modificano una persona, così col tempo si acquista più maturità e consapevolezza anche in un'esecuzione, ma probabilmente si perde in freschezza'', racconta Uto Ughi, indignato per come la musica viene dimentica a maltratta in Italia ormai da anni, lui che esattamente a sessanta anni dal suo debutto quattordicenne, ma già nome ben noto, all'Istituzione Universitaria dei Concerti a Roma (2 aprile 1959) vi torna sabato 18 maggio, oramai violinista considerato tra i maggiori a livello internazionale, per esibirsi nell'Aula Magna della Sapienza con un programma che lo vedrà solista e con Michail Lifits, non un semplice accompagnatore, ma pianista di primo piano, vincitore nel 2011 dell'importante concorso pianistico 'Ferruccio Busoni'.
Ughi apre il concerto con la Ciaccona in sol minore di Tommaso Antonio Vitali, vissuto tra Seicento e Settecento e oggi noto per quest'unica e celeberrima composizione, che è nel repertorio dei più grandi virtuosi e viene eseguita nella revisione ottocentesca di Ferdinand David. Quindi si passa dal Barocco come solista al pieno romanticismo assieme al pianoforte con la Sonata n. 3 op. 108 di Johannes Brahms e, nella seconda parte del concerto, a tre celebri e brillanti pezzi di bravura della fine dell'Ottocento e dell'inizio del Novecento che flirtano con i colori e i ritmi della intensa musica spagnola: le Canciones Populares Espanolas di De Falla, il Rondò capriccioso op. 20 di Saint-Saens e la Tzigane di Ravel. ''Col passare del tempo le cose cambiano, ma è difficile dire in poche parole come sento io oggi personalmente in modo diverso la musica che eseguo - spiega sempre Ughi, che debuttò come bambino prodigio nemmeno adolescente e, scrissero, 'già artisticamente e tecnicamente maturo' - è qualcosa di intimo e indefinito. Potrei dire che la avverto in modo più analitico, anche se è vero e non lo è, perché certo l'importante è riuscire a conservare ogni volta la stesa volontà di penetrazione di un testo di cui il compositore dà alcuni punti fermi e linee di massima, ma poi spetta all'esecutore interpretarlo liberamente, restando all'interno di quelle indicazioni da cui non si può prescindere''.
Da molto tempo Uto Ughi è considerato uno dei massimi esponenti della tradizione violinistica italiana e tra i più grandi violinisti in assoluto dei nostri giorni. Suona e ha suonato in tutto il mondo, nei principali festival, con le più grandi orchestre sinfoniche, sotto la direzione dei più importanti direttori, da Celibidache a Gergiev, da Giulini a Maazel, Mehta, Pretre, Rostropovich, Sawallisch, Sinopoli, Temirkanov. Anche per questo sente una responsabilità verso la musica e i giovani, per i quali è sempre disponibile a intervenire e suonare, '' abbandonata da un pezzo per colpa delle istituzioni in questo paese in spaventosa decadenza culturale. All'estero si parlava della ricchezza musicale dell'Italia, che non aveva solo la Scala e le grandi istituzioni, ma era piena in provincia di piccole, storiche associazioni musicali con un pubblico affamato di musica e che oggi hanno chiuso quasi tutte per mancanza di fondi e disinteresse delle amministrazioni locali, per non parlare di grandi orchestre che non ci sono più come quelle della Rai''. E' quel che è accaduto anche a Roma dove dal 2003 era tornato a organizzare un festival per i giovani e per la città, che è rimasto senza più fondi, mentre ha avuto un'offerta da Venezia e ora lo organizzerà lì. ''In un paese che cancella la propria identità svendendo e avvilendo se stesso, il mio sogno nel cassetto - conclude l'artista - è che si ritorni ad essere quel luogo di cui si diceva è, mentre oggi ti senti dire era, il paese della musica e, con tutta la sua storia e ricchezza messa da parte, viene considerato il fanalino di coda dell'Europa''. Non è un caso che di recente la Presidenza del Consiglio lo abbia nominato Presidente della Commissione incaricata di studiare una campagna di comunicazione a favore della diffusione della musica classica presso il pubblico giovanile. Un impegno, quello di Ughi, che è anche nella diffusione delle sue registrazioni discografiche, con tutti i brani più importanti del repertorio violinistico, e nelle pagine del suo libro ''Quel Diavolo di un Trillo - note della mia vita''. Da tempo si esibisce con un Guarneri del Gesù del 1744 dal suono caldo e dal timbro scuro, forse uno dei più bei Guarneri esistenti, e uno Stradivari del 1701 denominato Kreutzer, perché appartenuto all'omonimo violinista, cui Beethoven aveva dedicato la famosa Sonata, immortalata anche da Tolstoi in un suo celebre racconto.
   

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