(di Marzia Apice)
FEDERICA ANGELI, 40 SECONDI. LA
STORIA DI WILLY MONTEIRO DUARTE (BALDINI+CASTOLDI, PP.224, 18
EURO) - "Ho cercato di ammorbidire la durezza di un resoconto di
cronaca, di arrotondarne le punte. Questo libro vuole essere una
carezza per Willy, in punta di piedi, anche nel rispetto della
sua famiglia che ha mostrato una grandissima umanità". Parla con
il cuore Federica Angeli, mentre racconta all'ANSA i motivi che
l'hanno spinta a scrivere "40 secondi" (Baldini*Castoldi, dal 30
agosto), il suo settimo libro, in cui ripercorre la tragica
storia di Willy Monteiro Duarte, il ragazzo ucciso a botte a
Colleferro, vicino Roma, nella notte tra il 5 e il 6 settembre
2020, solo per aver tentato di difendere un amico.
A due anni da un omicidio tanto brutale quanto insensato,
l'autrice ha voluto raccontare la storia di Willy in pagine
dense, mescolando l'inchiesta al romanzo, riportando cioè non
solo tutti i fatti e gli atti giudiziari, ma ricostruendo anche
ciò che ha preceduto il delitto, concentrandosi su quella
"normalità" distrutta appunto in soli 40 secondi. Tanto infatti
è durato il passaggio tra la vita e la morte di Willy, che a 21
anni "è morto per un errore di persona, di situazione, di non
luogo, di sguardo, di prossimità. Non esiste un perché, neanche
chi lo ha ucciso sa perché. Ed è molto meno di un futile motivo.
È un non motivo. Di più: è l'emblema del non motivo. Nel corso
del processo gli imputati spiegheranno cosa li ha spinti a
vestirsi da lottatori e a picchiare a più non posso, ma non
diranno mai, seppur sollecitati da giudice e pubblici ministeri,
per quale motivo proprio Willy", scrive Angeli, che ha cercato
in questo lavoro di dare delle risposte se non processuali
quantomeno etiche e sociali.
"La storia di Willy mi ha colpito più di altre, già a cominciare
dalla fotografia, che ho cercato mentre da Roma mi recavo a
Colleferro, poche ore dopo l'omicidio", racconta l'autrice, "il
sorriso di questo ragazzo mi è entrato nel cuore". "Ai miei
figli ho sempre insegnato di non voltarsi dall'altra parte se
c'è qualcuno in difficoltà. Willy ha fatto esattamente questo, e
ha pagato con la vita", prosegue Angeli, che ha incontrato e
parlato con tutti gli amici del ragazzo, "ponendomi come una
mamma. In loro ho trovato un rispetto, una voglia di ricordare
il loro amico che non vedevo da tanto".
Nel libro c'è una forte critica a come il caso sia stato
trattato dai media. "Ho seguito la storia solo nella prima
settimana, so che è diverso guardare le cose da fuori rispetto a
quando ci sei dentro per lavoro. Tuttavia ci sono stati degli
errori, che probabilmente anche io in passato ho commesso, ossia
quello di cavalcare ciò che il pubblico vuole", spiega, "la
cronaca nera ha un vantaggio, quello dell'obiettività, ma qui è
scemata per inseguire il mostro da sbattere in prima pagina. I
fratelli Bianchi e gli altri due ragazzi a processo non si sono
mai frequentati, non erano una banda, erano solo tutti di
Artena, paese piccolo in cui è normale si conoscano tutti. Si è
parlato di banda, di riti satanici e giri di prostituzione a
Colleferro. I giornalisti non devono andar dietro alle condanne
del pubblico: qui non c'era bisogno di infierire, i responsabili
si sono condannati da soli".
Il libro arriva dopo l'esperienza come delegata alle periferie
di Roma durante gli ultimi mesi dell'amministrazione Raggi: lo
rifarebbe? "Non so rispondere se lo rifarei, perché io poi mi
faccio appassionare e comunque ho visto che anche se con
lentezza qualcosa si riesce a cambiare. Di certo è stata
un'esperienza forte, che mi ha insegnato anche come fare meglio
il lavoro di giornalista. Ho capito quanto poco approfondimento
politico ci sia, e umanamente quanto sia difficile da dentro
cambiare le cose. Il vero sindaco di Roma è la macchina
burocratica".
Nella sua storia di cronista ha dovuto combattere delle
battaglie difficili: come si vince la paura? "con ironia e
leggerezza, ma è dura. La paura è l'altra faccia della medaglia
del coraggio, sta a noi scegliere. Ho una famiglia complice, i
miei figli mi aiutano a capire e a esorcizzare le paure",
racconta, "quando ho avuto le urla, le pallottole e la benzina
sulla porta di casa, facevamo finta che fosse un gioco a punti".
Cosa si aspetta dalle prossime elezioni? "Noto che nessuno parla
di lotta alla mafia, eppure solo se si ribalta questo meccanismo
si torna a un Paese giusto. Stiamo a vedere, mi auguro solo che
chiunque vinca si metta in testa di cambiare le cose davvero".
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