Anna Lisa Antonucci
ANGELO PICARIELLO, 'UN'AZALEA IN VIA
FANI). (EDIZIONI SAN PAOLO)
- Il 12 dicembre prossimo cadranno i 50 anni dalla strage di
piazza Fontana, un punto di non ritorno nella storia del
terrorismo in Italia. Un'occasione per rileggere, con altri
occhi, gli eventi di quella stagione. Sono già molti i libri
pubblicati sul tema, e molti ancora ne usciranno, ma ''Un'azalea
in via Fani' di Angelo Picariello, edizioni San Paolo, offre una
lettura diversa dei fatti, anche attraverso le parole di chi il
terrorismo l'ha visto da vicino come Carlo De Stefano, dirigente
della Polizia con incarichi importanti ai tempi della lotta
armata e che parla per la prima volta della sua esperienza.
Proprio De Stefano ricorda come dietro le operazioni più
riuscite, ci sia stato "un comportamento brillante e tempestivo
di agenti di polizia impegnati in attività di prevenzione".
Insomma, anche se non lo si può dire apertamente, c'è stato un
dialogo con i terroristi, in particolare con quelli che volevano
lasciare il terrorismo e che hanno trovato proprio nei loro
"nemici", gli uomini e le donne impegnate nelle forze
dell'ordine, una sponda. L'autore inoltre analizza la grande
mobilitazione che vide, al termine dell'autunno caldo del 1969,
la nascita dei grandi movimenti cattolici nello spirito del
Concilio e, contemporaneamente, lo scivolamento delle frange più
rivoluzionarie verso la lotta armata. La grande frattura si
registrò proprio dopo l'esplosione alla Banca dell'Agricoltura,
in piazza Fontana, a Milano. Il libro, frutto di una ricerca
curata dall'Istituto di Studi Politici "S. Pio V" , è diviso in
capitoli che vivono ognuno di vita propria: oltre a Piazza
Fontana, la morte del commissario Calabresi, l'azione di Prima
Linea, la storia completa delle Brigate Rosse (con il racconto
di Franco Bonisoli e Alberto Franceschini) e le dinamiche
proprie del terrorismo di destra. Contiene il racconto delle
radici comuni fra movimenti cattolici e futuri brigatisti a
Milano, nel quartiere romano di Centocelle, a Reggio Emilia, e
la scoperta della fede per molti di loro, una volta usciti dal
carcere, o all'impegno nel volontariato. Inoltre, guardando al
caso Moro, in parallelo ai sequestri Dozier e Cirillo,
Picariello lascia aperti tutti gli interrogativi sulle
circostanze che ne impedirono la liberazione. Il filo conduttore
della narrazione viene fornito proprio dall'insegnamento di Aldo
Moro, che incontrò i capi della contestazione e incoraggiò i
movimenti cattolici, con l'obiettivo di una riconciliazione
nazionale che ha avuto bisogno del suo sacrificio per potersi
compiere. ''Il suo insegnamento - spiega l'autore - ci dice che
la sconfitta della lotta armata - e l'antidoto perché non
riaccada - è nella corretta attuazione dei valori della
Costituzione più che nelle leggi speciali, nel perdono delle
vittime più che nel desiderio di vendetta, nella carità
"spiazzante" più che nella repressione, nella ricerca della
verità che porti a una memoria condivisa più che in nuove
contrapposizioni ideologiche''.
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