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Il regista Mungiu, c'è un atteggiamento tribale verso i profughi

Il regista Mungiu, c'è un atteggiamento tribale verso i profughi

Palma d'oro 2007, in sala dal 6 luglio con Animali Selvatici

ROMA, 02 luglio 2023, 19:36

di Francesca Pierleoni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Un reale episodio di cronaca, fonte di uno scandalo e di un dibattito virale nella società rumena, poco prima della pandemia, è diventato la base di una storia su crisi di identità, xenofobia difesa dei valori e indagine interiore in Animali Selvatici (R.M.N), il nuovo film di Cristian Mungiu (Palma d'oro nel 2007 con 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni), che dopo il debutto in concorso a Cannes nel 2022 arriva in sala dal 6 luglio con Bim. Tutto è partito dalla forte reazione di chiusura e dalle proteste in un villaggio in Transilvania per l'arrivo di alcuni lavoratori dallo Sri Lanka nel panificio locale, dopo le ricerche di personale in loco andate a vuoto. "Nei miei film non amo però fermarmi a ripercorrere i fatti - spiega Mungiu a Roma - e in questo caso li utilizzo per parlare non solo della situazione sociale globale, ma anche di come agiamo e perché, sulla grande differenza tra ciò che diciamo e quello che realmente pensiamo, sui problemi che non si risolvono se non ne parliamo apertamente". Come autore "provo sempre a parlare di cose che reputo importanti. In questo caso emergono temi come l'ipocrisia sociale, l'illusione che il politicamente corretto abbia una reale influenza sul comportamento delle persone. Purtroppo invece la democrazia si inceppa se non si investe nell'educazione, ed emerge il populismo, come sta accadendo adesso". Temi tornati di grande attualità anche con la guerra in Ucraina e il massiccio arrivo dei profughi, che "sono stati accolti molto bene in Romania, la nostra società si è dimostrata più aperta di quanto si immaginasse. Viene però da chiedersi perché non ci sia stata la stessa apertura, ad esempio verso i siriani. È qualcosa di triste ma che appartiene agli uomini, avere più empatia verso persone nelle quali ci identifichiamo, per razza, condizione, classe. Più le persone sono lontane, meno ci identifichiamo, è un atteggiamento tribale che possiamo ritrovare anche nella recente tragedia dei migranti morti in Grecia. Se n'è parlato, ha coinvolto l'opinione pubblica, ma non tanto quanto le persone morte nel sottomarino". Nel film che mescola realtà e tracce più oniriche, la storia parte da Matthias (Marin Grigore), macellaio romeno emigrato in Germania, che decide di tornare nel suo villaggio per le feste di Natale, anche per cercare di capire cosa sia successo a suo figlio Rudi (Mark Blenyesi). Il bambino, infatti, dopo aver visto qualcosa di pauroso nel bosco che attraversa per andare a scuola ha smesso parlare. È l'occasione per il rabbioso e cupo Matthias, sempre più distante dalla moglie Ana (Macrina Barladeanu), anche di ricominciare la relazione con una ex fiamma, Csilla (Judith State), direttrice nel panificio locale, dove, per il bisogno di nuovi dipendenti, ha deciso di assumere anche lavoratori dello Sri Lanka. Una scelta che inizia a causare forti tensioni. "Le cose sono sempre più complesse di come appaiono e tra i conservatori e i progressisti non vedo la ragione solo da una parte" osserva Mungiu. Il villaggio, nel film, è mostrato quasi come fosse fantasma "perché volevo rappresentasse anche il nostro subconscio. Si parla di noi, di come il nostro lato più animale ci porti a lottare per sopravvivere e a soffocare la nostra empatia. È qualcosa di cui dobbiamo prendere coscienza, invece tendiamo sempre a pensare che il male sia al di fuori di noi, e non vediamo quello che abbiamo dentro. Riconoscerlo è l'unico modo per addomesticarlo".

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