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Una madre, una figlia le donne roccia del Ciad

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Una madre, una figlia le donne roccia del Ciad

Dopo applausi Cannes in sala dal 14 con Academy Two esce Lingui

ROMA, 10 aprile 2022, 20:26

di Francesco Gallo

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Mani di donna alle prese con un enorme copertone di camion usato. Con un tagliente coltello cercano di tirarne fuori l'anima d'acciaio, ben seppellita nella gomma, per farne poi primitivi vasi decorativi da vendere al mercato. Benvenuti in Africa! Esattamente in Ciad, dove non si butta via nulla ed e' ambientato UNA MADRE, UNA FIGLIA (Lingui, the sacred bonds di Mahamat-Saleh Haroun), che dopo gli applausi al concorso del festival di Cannes e poi al festival di Torino, esce in sala dal 14 aprile distribuito da Academy Two. In una povera e appena dignitosa casa, vivono Amina (Achouackh Abakar Souleymane), una praticante musulmana che si arrangia per sopravvivere in molti modi, e la sua unica figlia, la bella Maria (Rihane Khalil Alio) di quindici anni. Si puo' dire che Amina viva solo per lei dopo essere stata abbandonata dall'uomo che l'aveva messa incinta. La manda a scuola, la segue, e cerca di farle fare la vita piu' normale possibile. La donna ha poi anche un corteggiatore, un anziano vicino di baracca che ostenta, davanti al cancello d'ingresso, la sua moto rossa, motivo di grande orgoglio. Non solo, l'uomo appena puo' torna alla carica offrendosi di proteggere madre e figlia in un Paese in cui non e' facile per due donne sole vivere senza un compagno vicino. Nella stupenda luce centroafricana, esaltata dalla fotografia e dagli abiti multicolori delle donne, Maria un brutto giorno rivela alla madre che e' incinta e vuole abortire. La ragazza viene subito espulsa dalla scuola e poi, insieme alla madre, si trova costretta ad affrontare una difficile situazione, quella di un paese in cui l'aborto puo' costare cinque anni di prigione a chi lo pratica come a chi ne fa uso e di una comunità religiosa che ovviamente la condanna.
Ma in un film dal racconto lineare, pulito, quasi biblico, non manca nella parte finale l'inquietudine e la ribellione di queste due donne, femministe nel posto piu' difficile del mondo, quasi stanche sia della morale comune che della prospettiva religiosa islamica. Intanto il colpevole dello stupro di Maria verra' punito e poi Amina sara' piu' che accogliente verso Fanta, sua sorella minore, che ha anche lei un problema non da poco con la figlia adolescente: la pratica dell'infibulazione che il marito vorrebbe praticare alla figlia.
Bella anche la vera storia del regista. Nato nel 1961 ad Abe' che' (Ciad), racconta che gia' a otto anni vide il suo primo film del quale ha un ricordo indelebile: il sorriso ravvicinato di una bella donna indiana di fronte alla telecamera. Scoppia poi la guerra civile e, nel 1980, e' costretto alla fuga, gravemente ferito , nel vicino Camerun. Poi solo dopo molti anni approda in Francia tra studi e lavori saltuari. Diventa cosi' giornalista per la stampa regionale e poi per una radio locale prima per poter finalmente raggiungere la prima regia nel 1994 col suo primo cortometraggio: Maral.

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