(di Luciano Fioramonti)
Presenze femminili misteriose, statue
e busti come reperti archeologici, le forme della bellezza
classica e rinascimentale che richiamano anche la mano di
artisti della modernità, in un ambiente affascinante nel cuore
dell' Urbe dove la stratificazione delle epoche equivale a un
viaggio nel tempo. Lo scultore Alessio Deli porta il suo modo
di leggere il passato con uno sguardo contemporaneo nello
scenario delle Domus Romane del Celio, sotto la Basilica dei
Santi Giovanni e Paolo, conosciute anche come la "casa dei
martiri Giovanni e Paolo". La mostra ''Patina memoriae''
promossa da CoopCulture riunisce fino al 27 luglio 13 opere
inserite perfettamente nel percorso che si snoda tra la Sala dei
Geni, la Cella Vinaria e l' Antiquarium. ''In questo luogo
senza tempo - dice l' artista all' ANSA - si sono sedimentati il
ricordo e la memoria in base alle varie destinazioni d' uso,
prima case e poi luogo di sepoltura dei martiri cristiani uccisi
nel 362, e ancora domus, ninfeo, taverne fino a diventare
edificio di culto. Una storia millenaria segnata dalla polvere e
dalla patina''. La patina, spiega l'artista, è anche il nome che
noi scultori diamo quando si 'dipinge' un' opera. Le mie patine
simulano o rievocano qualcosa di già consumato. Sembrerà strano,
ma io faccio le sculture e poi le rovino''. E' questo che rende
senza tempo i suoi lavori, tracce remote lasciate dall' uomo .
''In ogni opera - rimarca la curatrice Romina Guidelli - vive la
forza di un omaggio e di un messaggio. La bellezza delle forme
classiche si interrompe nelle sospensioni, negli sfaldamenti
della materia, nelle 'amputazioni' e negli assemblaggi che l'
artista orchestra spontaneamente e drammaticamente''.
Alessio Deli, 44 anni di Marino (Roma) che è docente in un
liceo romano e ha esposto i suoi lavori in Italia e all' estero,
si mette alla prova manipolando bronzo, gesso, resina e creta.
''Plasmare la materia - spiega - è come ridare vita a una
persona cara che non c'è più e vorresti che ti restasse sempre
vicino. La scultura per me è davvero qualcosa di viscerale''.
Anche Cerere, il titolo dell' opera che apre la mostra,
inaugurata il 19 aprile, ha un significato specifico. ''E' la
dea dell' agricoltura, la Madre Terra, e quel giorno nella Roma
Antica si festeggiavano i Cerealia, durante i quali con una
pratica poi abolita i vivi dissotterravano i morti per
riabbracciarli. Ecco, lavorare la materia è come abbracciare
nuovamente qualcosa di caro. Quando plasmo alla fine è come se
dicessi: questo oggetto è qui con me, per sempre. La pittura e
il disegno non mi danno la stessa emozione''. Delle 13 opere,
sei sono state realizzate nel giro di pochi mesi proprio per
questa occasione. ''In quasi tutte le sale abbiamo messo una
presenza - dice l' artista - come se fossero figure misteriose
che guardano il visitatore. Ci siamo divertiti a giocare sul
binomio della patina e del tempo proprio facendo leva sulla idea
di una atemporalità sospesa, senza riferimenti precisi di
epoche''. E allora ecco che tra gli affreschi ben conservati del
IV secolo dopo Cristo si stagliano Odusia, una donna che cerca
di stare a galla in mezzo al mare, o il Carro del Tempo,
realizzato in parte con materiali di recupero, un vecchio carro
antincendio e sbarre di ferro arrugginite. Il critico Edoardo
Marcenaro, nel testo in catalogo di prossima uscita, lo
considera ''un vero e proprio percorso nella storia dell' arte,
a partire dal carro etrusco fino alla scultura di Alberto
Giacometti, passando per una kore greca il cui viso è ispirato
ad un' opera di Francesco Laurana, scultore del Quattrocento,
che indossa un vestito della collezione Zara 2024-2025''.
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