(ANSA) - ROMA, 27 MAR - Pensi alla vita di oggi, alle forme ingarbugliate della contemporaneità, ed è la metafora antica del labirinto quella che meglio sembra raccontarla, il luogo non luogo che il prode Teseo sfidò per liberare la bella Arianna con il suo intrico di linee, di immagini, di tendenze, che evocano il dubbio, la transitorietà, l'intuizione. Elegante e trasgressivo insieme, Milovan Farronato presenta il suo progetto per il Padiglione Italia alla 58.Biennale Arte (Venezia 11 maggio -24 novembre 2019) e cita Calvino, Borges, Kierkegaard per raccontare una mostra che, promette, "sarà una e tante insieme", ricca di suggestioni e di porte aperte da varcare e da scegliere per un'esperienza a misura di ognuno di noi. Già il titolo scelto dal quarantacinquenne direttore e curatore del Fiorucci Art Trust, "Nè altra nè questa", strizza l'occhio ad un'opera di Soren Kierkegaard, Aut-Aut (1843) dove due personaggi si interrogavano sulla contrapposizione tra piacere e responsabilità, vita etica e vita estetica. A Calvino si fa riferimento invece per uno scritto del 1962 ("Sfida al labirinto") nel quale l'autore de Il Barone rampante e Le città invisibili elabora i termini di un progetto culturale che cerca "una letteratura aperta a tutti i linguaggi possibili". Ed eccoli i linguaggi diversi, i dubbi, i rovelli, le suggestioni che arrivano dalle opere di Enrico David, Chiara Fumai, Liliana Moro, i tre artisti che Farronato ha chiamato a rappresentare la sfida al labirinto della vita. Due in carne ed ossa, David e Moro, una purtroppo ormai solo "in collegamento astrale", come sottolinea lui onorando la memoria dell'amica Chiara Fumai, che se n'è andata a soli 39 anni nel buio di una notte di agosto di due anni fa. Le loro opere, spiega il curatore, "sono collocate strategicamente in diversi punti del percorso" con l'idea di mettere in relazione "le tre pratiche artistiche e insieme di enfatizzare meccanismi di drammaticità e sorpresa nell'incontro tra l'opera e il pubblico", da una parte le delicate maquettes e le ceramiche che aprono una finestra su trent'anni di attività di Liliana Moro, "immagini semplici, mai semplicistiche", dal lato opposto l'installazione di Enrico David. Con il lavoro di Chiara Fumai ("Quest'ultimo pezzo non può essere tradotto", opera inedita del 2017) a fare da connessione tra i due diversi atteggiamenti. Tant'è, proprio al visitatore, che dovrà scegliere attraverso quali strade perdersi o ritrovarsi, è affidato un ruolo chiave "nella creazione di un senso" per questa mostra. Con poche avvertenze per l'uso, se non quella di "indugiare e non avere paura", fa notare Farronato, visto che "non esiste il perdersi ma solo il tornare sui propri passi". La presentazione è a Roma, nel grande palazzo secentesco del Collegio Romano che ospita il ministero dei beni culturali.
Accanto a Farronato il presidente Baratta sorride: "La Biennale d'altronde è questo -dice- non un'expo ma un luogo di dialogo, una mostra per tutti, dove il ruolo del curatore è quello di condurre il visitatore alla scoperta dell'opera, di guidarlo alla sorpresa". E la sorpresa, assicura, anche questa volta non mancherà. Intanto quella che si inaugura a maggio sarà la sua ultima Biennale dopo una lunga presidenza. Il ministro Bonisoli ha per lui parole piene di ammirazione. Poi l'attenzione torna sul Padiglione, per il quale Federica Galloni, responsabile della direzione generale arte contemporanea del Mibac ha garantito un contributo di 600 mila euro a cui si aggiungono altri 670 mila euro garantiti dagli sponsor trovati da Farronato, in prima fila Gucci e FPT Industrial. Seduta in prima fila c'è anche la milanese Liliana Moro, emozionata, che parla di una "scommessa" alla quale ha lavorato in grande sintonia con il collega Enrico David (in collegamento streaming da Londra dove vive) e tutto il team. Gli schermi distribuiti nella grande sala rimandano l'immagine del muro che i visitatori del Padiglione Italia si troveranno di fronte entrando. Farronato lo indica e sorride: "Sceglierete voi se varcare la soglia di destra o di sinistra, io consiglio solo di non avere ansia né paura, ogni scelta è giusta, ogni strada si ricongiunge. E forse alla fine potreste persino trovare voi stessi o, chissà, venire stupiti dalla visione di altri".
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