Appoggiata alla parete, con la veste che la fa diventare un tutt'uno con i decori a fiori, Tomaso Binga, alias Bianca Pucciarelli, recita (eccezionalmente) la sua celebre Carta da parato, dedicata ancora, quarant'anni dopo, alle donne relegate a sopramobili, in attesa di un cavaliere. Poco più in là, la grande bocca di AM - (ti amo) di Mirella Bentivoglio rimanda a linguaggi e lallazioni tra le sperimentazioni folk di Egle Vertelkaite. E' ''Magma Il corpo e la parola nell'arte delle donne tra Italia e Lituania dal 1965 ad oggi'', mostra curata da Benedetta Carpi de Resmini e Laima Kreivyt, che dopo il debutto alla National Gallery of art di Vilnius arriva a Roma, all'Istituto Centrale per la grafica fino al 2 aprile, mettendo per la prima volta a confronto l'arte femminista di due paesi e due momenti storici distanti - fine anni '60 in Italia, dopo la caduta del muro di Berlino e l'uscita dall'Unione Sovietica in Lituania - eppure fortemente convergenti, per tematiche, linguaggi, spesso anche risultati.
''Non c'è gap tra le due nazioni o i due movimenti - spiega la Kreivyt - E' un'espressione della forza della donna''. Non a caso, prosegue la Carpi de Resmini, ''abbiamo intitolato la mostra 'Magma', come una delle prime rassegne al femminile curata da Romana Loda nel '77. Ma anche come la materia viva che brucia sotto la terra e non si spegne mai. O, in sillabe, come MA - MA che rimanda alla donna come mamma con la G nel mezzo che ricorda il corpo femminile''. Con un calendario di eventi paralleli e il catalogo di Quodlibet, in 10 sezioni che vanno da Vocabolary of her own (mutuato da Virginia Woolf) ad Against Dogmas, Collapsing Monuments o Writing with the body, prese di coscienza, sperimentazioni e proteste scorrono in più di 60 opere tra installazioni, video, performance, immagini fotografiche, collage, manifesti e libri, mettendo insieme artiste come Tomaso Binga (anche con il celebre Oggi spose del '77, quando invitò tutti al suo matrimonio con se stessa, impersonando sia il ruolo della sposa che dello sposo), Elisa Montessori (con Dafne, metafora del corpo che cambia) o Paola Mattioli con Suzanne Santoro, Kristina Inirait, Paulina Pukit, Marija Teres Roanskait. E ancora i lavori di Nicole Gravier, Maria Lai, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci (con Sara è incinta). Ci sono le provocazioni del Crocifisso in cioccolata di Egl Rakauskait o dei 7 Crocifissi azzurri da processione di Initiation in Beauty or a Miracle before Rooster Craw di Egl Kuckait.
Opere celebri come L'autoritratto di Cloti Ricciardi e La spiaggia di Giusetta Fioroni, che ''non fu propriamente femminista ma è l'unica donna veramente emersa dalla Scuola di Piazza del Popolo'', dice la Carpi de Resmini. E una delle ultime videoinstallazioni di Chiara Fumai, mentre legge Valerie Solanas, scomparsa pochi mesi fa. Ne esce l'idea un'arte totale, di ''una forza che noi donne abbiamo, a volte nascosta, spesso sottovalutata, ma viva, naturale, concreta. Che disturba come il color magenta che abbiamo scelto per le schede dell'allestimento - conclude la curatrice - E' importante che una mostra come questa arrivi in questo momento storico - dice citando le battaglie di Hollywood, ma anche le Femen e le Guerrila Girls - Racconta come il femminismo non è 'passato', ma qui ora, adesso''.
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