"Stavo andando a sposarmi con la
mia fidanzata in Arabia Saudita. Ma mi ha fermato la polizia
all'aeroporto di Malpensa e mi hanno portato qui". Inizia così
il racconto, riportato dal quotidiano La Stampa, di un siriano
di 34 anni, tra i primi reclusi del nuovo Cpr di Torino, ora
libero, dopo che la Corte d'appello del capoluogo piemontese ha
stabilito che il trattenimento nella struttura di corso
Brunelleschi era "illegittimo".
Ieri la settima sezione civile non ha convalidato il
trattenimento disposto dal questore, perché sarebbe stato
violato l'articolo 13 della Costituzione, che prevede che
nessuno, in assenza della convalida di un giudice, possa essere
trattenuto per oltre 96 ore dall'autorità di pubblica sicurezza.
Ma non sarebbe questo l'unico errore commesso riguardo al
siriano, che vive a Catania. Il fermo a Milano, secondo gli
avvocati difensori Andrea Giovetti e Monica Grosso, sarebbe
irregolare, in quanto, dicono, "non si può rinchiudere in un Cpr
un rifugiato politico". In realtà la Commissione nazionale per
il diritto di asilo, il 24 maggio scorso, ha stabilito la revoca
del suo status di rifugiato ed è pendente il ricorso presentato
dai legali.
"Finché l'iter non è concluso - ricordano - e l'autorità
giudiziaria non ha deciso, lui è un rifugiato e deve essere
libero".
Era stato il questore di Varese a stabilire che dovesse
essere espulso. Ma la questura aveva mandato la richiesta di
convalida al giudice di pace, ma la competenza era della Corte
d'appello e così non c'è stata la convalida.
La questura di Torino il 5 aprile dispone un nuovo
trattenimento trasmettendo la richiesta questa volta alla Corte
d'appello di Torino. Il 34enne è nel Cpr dal 2 aprile.
Così i magistrati stabiliscono che "il successivo decreto di
trattenimento emesso dalla questura di Torino, trasmesso a
questa autorità giudiziaria oltre le 48 ore dalla iniziale
privazione della libertà personale del trattenuto, è illegittimo
e tardivo e non può essere convalidato".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA