Clochard, vittime di violenza domestica e senza fissa dimora o migranti appena arrivati in Italia e senza documenti o un ragazzo uscito a 18 anni da una comunità senza avere nulla. Si sono trasformati, per un giorno, in queste figure (reali) diciassette studenti del comitato Xenia del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Ancona. Immedesimati nelle vere storie di vita da emarginati e invisibili hanno sentito su di sè l'indifferenza, "se non il fastidio, delle persone" che ci incrociavano per strada". In tasca due soli euro e un pesante zaino in spalla. "Mi sono sentita davvero molto sola, capisci che la gente ti tiene a distanza" ha spiegato Valentina che con Viola ha vestito i panni di una 32enne che ha subìto violenza in famiglia e deve trovare dove dormire la notte.
"Mentre aspettavamo in fila alla Caritas per un posto letto al caldo una signora è venuta a chiederci un euro - racconta con non poca emozione alla fine dell'esperienza iniziata alle 8:30 e conclusa poco dopo le 15 - Io mi sono sentita in colpa a non poterglielo dare, non ce l'avevamo, l'avevamo usato per dividerci un pezzo di pizza. Ma - aggiunge - mi sarei sentita un sacco in colpa se ce l'avessi avuto e non glielo avessi dato. Magari questa signora oggi deve stare senza pranzo perché non riesce a trovare un euro che per una persona con uno stile di vita normale non è nulla darlo a un'altra persona che magari è in difficoltà". Valentina ammette "non cambierà molto il mio stile di vita, però non guarderò più con superficialità queste persone. Prima l'unica cosa che pensavo era stare lontano, però adesso sicuramente se ho una monetina in tasca gli la do. Cercherò di essere un po' più attenta a questi piccoli gesti che invece fanno la differenza per loro".
Matteo, anche lui zaino in spalla e due euro in tasca, ha vissuto l'esperienza di chi non ha nulla, un clochard. "Ho riconsiderato l'opinione che ho delle persone senza fissa dimora. Le persone - spiega - non sono tagliate col coltello in categorie, in persone povere o persone che hanno problemi con la droga. Sono persone a cui però viene tolta l'umanità perché non vivono più, sopravvivono e basta. Posti come la Caritas aiutano, perché queste persone non avrebbero neanche la possibilità di essere umani". Anche a Tommaso l'esperienza ha lasciato il segno. Per un giorno "è stato un signore di 32 anni, che aveva avuto due figli con questa donna che l'ha lasciato perchè aveva problemi di alcolismo. La mia prima tappa è stata al centro di ascolto alla Caritas di Ancona, lì abbiamo preso un ipotetico appuntamento con un centro per alcolisti anonimi. La condizione per poter rivedere i figli". Poi con altri compagni che impersonificavano la stessa storia "siamo arrivati a piedi fino ad una chiesa degli Archi (una zona multietnica del capoluogo) dove abbiamo incontrato Don Davide. Ci ha ascoltato. Ecco - sottolinea - ascoltato". Tommaso ha capito "che queste persone hanno bisogno di essere ascoltate. Ascoltate da chi capisce i problemi e cerca di dare una soluzione".
Al progetto di role play hanno collaborato i volontari della Caritas e della Tenda di Abramo, anche garantendo l'apertura dei servizi - la mensa o gli alloggi - a cui si sono rivolti i ragazzi. Cinque professori li hanno monitorare lungo tutto il percorso - una zona di Ancona scelta e delimitata - monitorando l'attività minuto per minuto e seguendo gli studenti con dispositivi di geolocalizzazione per garantire la loro sicurezza. "L'esperienza ha centrato il segno - spiega uno dei docenti - di quello che ritenevamo fosse opportuno fargli provare".
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