Interrogatorio di garanzia, oggi a
Milano, per Dawda Bandeh, il 28enne di origini gambiane fermato
la sera di Pasqua all'interno di una villa di via Randaccio con
l'accusa di avere strangolato il collaboratore domestico dei
proprietari di casa. L'uomo, apparso tranquillo davanti al gip
Domenico Santoro, ha ammesso di essere entrato nell'abitazione e
di avere trascorso lì diverse ore mangiando e dormendo, ma di
non ricordare nulla dell'omicidio del 61enne Angelito Acob
Manansala.
È probabile che il legale del 28enne, l'avvocato Federica
Scapaticci, chieda una perizia per stabilire se il suo assistito
sia capace di intendere e di volere. La decisione del gip
sull'arresto è attesa nelle prossime ore.
Prosegue intanto il lavoro degli investigatori della Questura
di Milano che domenica sera hanno fermato Dawda Bandeh
all'interno della villa, dove probabilmente era entrato per
rubare. A chiamare il 112 il proprietario, un cittadino
israeliano di 52 anni, che al rientro da una breve vacanza ha
trovato la porta di casa aperta e, all'interno, il giovane
gambiano e il domestico filippino morto. Solo poche ore prima il
28enne era stato bloccato dai carabinieri per un altro tentativo
di furto e poi rilasciato su disposizione dell'autorità
giudiziaria.
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