Il requiem di Verdi fu eseguito per la prima volta il 22 maggio 1874, a un anno esatto dalla morte di Alessandro Manzoni a cui è dedicato.
Fu lo stesso compositore
a dirigerlo nella chiesa di San Marco, dove ieri sera, a 150
anni di distanza, è risuonato nuovamente, questa volta con
Riccardo Chailly a dirigere coro e orchestra della Scala e un
cast degno della prima del 7 dicembre con il soprano Marina
Rebeka, il basso Alexander Vinogradov, e poi Francesco Meli e
Daniela Barcellona, chiamati all'ultimo per sostituire il tenore
e il mezzosoprano colpiti da un virus.
In una chiesa gremita, dove le panche sono state rimosse per
fare spazio a più sedie, presente anche il sindaco Giuseppe
Sala, il Requiem è risuonato con tutta la sua potenza mistica,
come non riesce a fare in un teatro: una emozione fortissima per
tutto il pubblico che al termine, dopo alcuni lunghi secondi di
silenzio necessari per riprendersi, è scoppiato in un applauso
di otto minuti con buona parte degli spettatori in piedi.
E' stato un viaggio spirituale di un'ora e mezza con il
travolgente Dies Irae, la pace del Sanctus, e il Libera me
eseguito dal coro e dal soprano con Rebeka quasi trasfigurata
dell'espressione.
Per la Scala il Requiem è una sorta di marchio di fabbrica
eseguita da Arturo Toscanini, Herbert von Karajan, Victor De
Sabata, Riccardo Muti, Daniel Barenboim e in tante occasioni
anche da Riccardo Chailly.
Altamente simbolica l'esecuzione che
ha diretto nel duomo di Milano alla presenza del presidente
della Repubblica Sergio Mattarella nel settembre 2020 in memoria
delle vittime del Covid e poi anche nel duomo di Bergamo e
Brescia, due delle città più colpite. Ma certamente il Requiem
di ieri sera resterà nella memoria di tutti quelli che hanno
potuto assistervi.
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