È stata realizzata la prima infusione in Italia di un anticorpo monoclonale, il Teplizumab, su una giovane di 23 anni, al Policlinico 'Paolo Giaccone' di Palermo. L'anticorpo è in grado di rallentare l'esordio della malattia e rappresenta, secondo i diabetologi, una svolta nell'approccio.
Il diabete di tipo 1 riguarda circa il 5-10 per cento delle persone affette da diabete e in genere insorge nell'infanzia o nell'adolescenza, ma può manifestarsi anche negli adulti. Lo 0,19% dei bambini italiani, secondo un recentissimo screening realizzato dal ministero della Salute e dall'Istituto Superiore di Sanità, è risultato positivo a due o più anticorpi potenzialmente indicativi della malattia, per cui è definito ad alto rischio. Accorgersi di questa patologia prima che si manifesti significa evitare le pericolose e inaspettate crisi di chetoacidosi che troppo spesso segnalano l'esordio della malattia fino a quel momento misconosciuta; crisi spesso serie e a volte letali. La seconda è poter frenare poi lo sviluppo della malattia stessa.
La nuova terapia nel novembre 2022 è stata approvata dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti per il trattamento di pazienti con almeno due autoanticorpi per il diabete e una condizione di disglicemia (alterato metabolismo glucidico, spesso definita pre-diabete), con l'obiettivo di ritardare l'esordio della malattia conclamata. Da ottobre 2024 il farmaco è disponibile in Italia a uso compassionevole, ossia nei casi in cui se ne consiglia l'uso prima che l'iter burocratico di approvazione da parte degli Enti regolatori, l'Ema a livello europeo e l'Aifa in Italia, sia concluso.
Per Raffaella Buzzetti, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid), "la sua capacità di ritardare in maniera significativa l'esordio della malattia segna una svolta scientifica nell'approccio preventivo. L'implementazione di campagne di screening sarà fondamentale per identificare precocemente i soggetti che potrebbero beneficiare di questo trattamento innovativo".
"Il teplizumab - spiega la professoressa Valentina Guarnotta, che ha promosso e seguito l'iter per ottenere l'autorizzazione - rappresenta una terapia valida e concreta in tutti quei pazienti con predisposizione all'insorgenza del diabete mellito di tipo 1, grazie alla sua capacità di ritardarne in maniera significativa l'esordio, segnando una svolta scientifica nell'approccio alla malattia. L'esecuzione di campagne di screening sarà fondamentale per l'identificazione precoce di soggetti che potrebbero beneficiare di questo farmaco".
L'infusione della nuova terapia prevede la somministrazione intravenosa ogni giorno (tempo minimo 30 minuti) per 14 giorni consecutivi con una dose proporzionale alla superficie corporea.
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