"Mi vado a costituire in carcere
dove per questa vicenda entro per la seconda volta da
innocente". Lo annuncia Gennaro Lametta, proprietario del bus
precipitato la sera del 28 luglio del 2013 dal viadotto
dell'Acqualonga nella zona di Monteforte Irpino, ad Avellino,
uno dei più gravi incidenti stradali avvenuti in Italia in cui
trovarono la morte 40 persone. Lametta, figura tra gli imputati
che ieri la Cassazione ha condannato in via definitiva.
"Questa volta però - dice ancora Lametta, che durante il
procedimento giudiziario è stato difeso dagli avvocati Sergio
Pisani e Leopoldo Perone - ci vado con tutte le prove a mio
favore per cui mi batterò fino alla fine per dimostrare la grave
ingiustizia che sto subendo".
Secondo Lametta e i suoi avvocati, infatti, il processo "ha
dimostrato che l'autobus precipitò a causa di 30 anni di mancata
manutenzione dei new Jersey da parte di Autostrade e che la
causa della distacco della trasmissione non fu - afferma - una
mia trascuratezza ma un sovraserraggio dei perni causato da un
errore umano non certo mio, ma dei meccanici dell'officina
autorizzata dove portai il bus prima del tragico incidente".
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