"Il Papa chiede di trasformare i
segni dei tempi, in segni di speranza. I segni dei tempi sono
quella di un Mediterraneo lacerato da discordie e da conflitti.
Abitare questo tempo con la cura significa trasformare ciò che
altrimenti sarebbe un motivo di dolore, in un motivo di speranza
che comincia da noi". Così mons. Giuseppe Baturi, segretario
generale della Cei, ha presentato il progetto "Prendersi cura -
Una famiglia per ogni comunità" lanciato oggi a Roma dal
Consiglio dei Giovani del Mediterraneo e dalla Rete Mare
Nostrum, in "continuità allo spirito che ha animato gli incontri
dei vescovi di Bari e Firenze" e in nome di Giorgio La Pira. Lo
scrive il Sir.
"Un'iniziativa - ha aggiunto il segretario generale della Cei
- che nel contesto storico che viviamo e nel contesto ecclesiale
del Giubileo, è davvero un conforto, una di quelle carezze di
misericordia che legittimano la speranza".
Il progetto - spiega l'agenzia dei vescovi - è rivolto alle
Conferenze episcopali del Mediterraneo perché si facciano
promotrici di proposte di accoglienza e sostegno a famiglie e
soggetti fragili, innanzitutto giovani. A presentare nei
dettagli l'iniziativa sono state Tina Hamalaya e Nicholle
Salerno, rispettivamente segretaria e delegata della Cei al
Consiglio dei Giovani del Mediterraneo. Il progetto - spiegano i
promotori - è rivolto in modo particolare a beneficio di
emigranti, rifugiati, richiedenti asilo. Ogni Chiesa, diocesi,
realtà promotrice lo potrà "declinare" in relazione alle varie e
talvolta diversissime situazioni locali.
Già si sono avviate idee e gemellaggi. Come quella - ha
raccontato Nicholle - tra la diocesi di Brindisi e Beirut con il
vicariato apostolico dei Latini.
I giovani chiedono alle Chiese del Mediterraneo di mettere
l'accoglienza e la solidarietà al "centro dell'impegno
giubilare", e di "essere disponibili a dare una mano, a curare
le ferite di chi ha bisogno".
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