(di Fausto Gasparroni)
Il Papa, quasi al
termine dell'udienza generale in Sala Nervi, aspetta non a caso
il momento del saluto ai pellegrini polacchi, la cui provenienza
est-europea gravita attorno all'area attualmente più 'calda' del
continente. Poi, dopo aver ricordato la recente memoria dei
santi fratelli Cirillo e Metodio, apostoli degli Slavi e patroni
d'Europa, afferma: "Preghiamo Dio affinché, per la loro
intercessione le nazioni di questo Continente, consapevoli delle
loro radici cristiane, risveglino lo spirito di riconciliazione,
di fraternita, di solidarietà e di rispetto di ogni Paese, della
libertà di ogni Paese". Un richiamo che non occorre sottolineare
quanto legato alla crisi in Ucraina, in cui i venti di guerra e
le minacce d'invasione russa metto a rischio proprio la
"libertà" del Paese. "Nel mondo che continua ad essere lacerato
da contrasti profondi e apparentemente insanabili, ammalato,
ciascuno di voi sia, per parte propria, segno di riconciliazione
che affonda le sue radici nella Parola del Vangelo", aggiunge il
Papa in chiusura, rivolgendo il suo pensiero agli anziani, agli
ammalati, ai giovani e agli sposi novelli.
Con la catechesi di oggi, Francesco conclude il ciclo
dedicato alla figura di San Giuseppe, "patrono della Chiesa" per
aver avuto "il compito di proteggere Gesù e Maria", quale "loro
principale custode".
"E qui c'è una traccia molto bella della vocazione cristiana:
custodire. Custodire la vita, custodire lo sviluppo umano,
custodire la mente umana, custodire il cuore umano, custodire il
lavoro umano. Il cristiano è - possiamo dire - come San
Giuseppe: deve custodire. Essere cristiano è non solo ricevere
la fede, confessare la fede, ma custodire la vita, la vita
propria, la vita degli altri, la vita della Chiesa", commenta il
Pontefice, con un altro richiamo -"custodire la vita" -
anch'esso strettamente legato all'attualità, in questo caso
italiana.
"Ogni persona senza vestiti, ogni malato, ogni carcerato è il
'Bambino" che Giuseppe custodisce - avverte Bergoglio -. E noi
siamo invitati a custodire questa gente, questi nostri fratelli
e sorelle, come l'ha fatto Giuseppe". Per questo, "egli è
invocato come protettore di tutti i bisognosi, degli esuli,
degli afflitti, e anche dei moribondi". "E anche noi dobbiamo
imparare da Giuseppe a 'custodire' questi beni - osserva -:
amare il Bambino e sua madre; amare i Sacramenti e il popolo di
Dio; amare i poveri e la nostra parrocchia. Ognuna di queste
realtà è sempre il Bambino e sua madre. Noi dobbiamo custodire,
perché con questo custodiamo Gesù, come ha fatto Giuseppe". Il
Papa insiste ancora sull'argomento, in particolare nel saluto ai
fedeli francofoni: "Chiediamo la grazia di non chiudere gli
occhi e le mani di fronte alla miseria dei nostri fratelli e
sorelle - esorta -. Sull'esempio di San Giuseppe, sappiamo
scoprire in loro i volti di Gesù e di Maria che implorano il
nostro amore, la nostra tenerezza e la nostra protezione".
Ma un ultimo accento riguarda direttamente la Chiesa: "Oggi è
comune, è di tutti i giorni criticare la Chiesa, sottolinearne
le incoerenze - ce ne sono tante -, sottolineare i peccati, che
in realtà sono le nostre incoerenze, i nostri peccati, perché da
sempre la Chiesa è un popolo di peccatori che incontrano la
misericordia di Dio". "Domandiamoci se, in fondo al cuore, noi
amiamo la Chiesa così come è. Popolo di Dio in cammino, con
tanti limiti ma con tanta voglia di servire e amare Dio", è il
suo invito. Infatti, "solo l'amore ci rende capaci di dire
pienamente la verità, in maniera non parziale; di dire quello
che non va, ma anche di riconoscere tutto il bene e la santità
che sono presenti nella Chiesa".
E ancora: "Amare la Chiesa, custodire la Chiesa e camminare
con la Chiesa. Ma la Chiesa non è quel gruppetto che è vicino al
prete e comanda tutti, no. La Chiesa siamo tutti, tutti. In
cammino. Custodirci uno l'altro, custodirci a vicenda. È una
bella domanda, questa: io, quando ho un problema con qualcuno,
cerco di custodirlo o lo condanno subito, sparlo di lui, lo
distruggo? Dobbiamo custodire, sempre custodire!". E "lì dove i
nostri errori diventano scandalo - conclude il Papa -, chiediamo
a San Giuseppe di avere il coraggio di fare verità, di chiedere
perdono e ricominciare umilmente".
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