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Bori, l'Umbria deve puntare a diventare il cuore d'Europa

Bori, l'Umbria deve puntare a diventare il cuore d'Europa

L'intervento nel corso del dibattito sulle linee programmatiche

PERUGIA, 16 gennaio 2025, 21:32

Redazione ANSA

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"L'Umbria deve puntare a diventare il cuore d'Europa": lo ha detto Tommaso Bori (vicepresidente della Giunta regionale e assessore al bilancio, patrimonio, fondi europei, agenda digitale, cultura), intervenendo nel corso del dibattito dell'Assemblea legislativa dell'Umbria sulle linee programmatiche.
    "Partiamo - ha affermato Bori, secondo quanto riferisce una nota della Regione - da due questioni politiche centrali: iniziamo il nostro mandato con un'affluenza alle urne del 52 per cento, questo dato testimonia il fatto che il nostro lavoro dovrà essere maggiore rispetto al passato. C'è una parte consistente della popolazione che ritiene che né la politica, né le istituzioni meritino quei pochi minuti necessari a mettere una croce su una scheda elettorale. Questo accade perché non trovano le risposte che cercano, non trovano né nella politica, né nelle istituzioni la capacità di incidere e di cambiare la loro vita e le loro condizioni materiali".
    "Con riferimento a quanto diceva Gramsci - ha continuato Bori - noi possiamo intendere il nostro mandato o come il perseguimento delle piccole ambizioni, oppure perseguire le grandi ambizioni e cioè la volontà di governare, di fare politica con spirito di servizio ed incidere nella nostra società. Questa è la nostra grande ambizione. L'Umbria deve puntare a diventare il cuore d'Europa. L'Umbria è una regione piccola, ma non debole. L'Umbria dagli anni '70, dal regionalismo assume una sua identità culturale, un suo benessere economico e sociale. Apprezzata in Italia e nel mondo come una terra in cui si vive bene. L'Umbria con sacrifici si lega alla locomotiva sociale ed economica delle regioni del nord. Questo grazie ai sacrifici di gruppi dirigenti lungimiranti che hanno promosso e sostenuto fasi di modernizzazione coraggiosa".
    "L'Umbria di oggi - ha osservato ancora - ha sia eccellenze che fragilità e questo il processo nato subito dopo la guerra, in quel regionalismo che rappresentò un laboratorio di grande valore nazionale per la qualità del dibattito politico e per la programmazione degli interventi destinati allo sviluppo economico, sociale e culturale. Questo è avvenuto in uno scontro politico aspro, ma la nascita della Regione ha contribuito a condividere e radicare un processo identitario non scontato. I 92 campanili dell'Umbria hanno scelto di essere un'unione.
    Accanto a tutto ciò ci furono grandi capacità di programmazione.
    I primi piani sociali nacquero in Umbria, come nacquero qui grandi sperimentazioni promosse dalla politica. Per primi realizzata la rete a supporto delle donne e delle famiglie; i consultori nacquero in Umbria prima che nel resto d'Italia, come pure la sanità per tutti. I 50 anni di governo di questa regione sono una storia da difendere. Noi siamo chiamati a riaccendere una speranza per il futuro".
    "Dobbiamo riattualizzare il modello - ha detto ancora Bori - che ha permesso sviluppo e benessere. Il riscatto dell'Umbria è passato per deleghe trasversali quali la cultura, il diritto allo studio, alla formazione. Il nostro territorio ospita una delle università più antiche del mondo. Nonostante il livello di formazione sia più alto di altre, giovani e donne sono costretti ad emigrare per cercare il proprio futuro fuori regione o all'estero. Grazie a quel regionalismo vantiamo una popolazione studentesca tra le più istruite, un livello culturale per titoli di studio superiore alla media, una coesione sociale conquista di civiltà anche grazie ad un sistema sanitario, spina dorsale dei servizi di questa regione e deve tornare ad esserlo.
    L'Umbria ha un alto livello culturale, ma noi dobbiamo associare a questo una prospettiva di futuro. Una donna su due è costretta a non lavorare perché ha il carico di cura degli anziani, di una disabilità, di una nuova nascita o di una malattia che si diagnostica in famiglia, questo è sempre sulle spalle delle donne. In questo caso sta a noi trovare un fattore non solo di dignità sociale, ma anche economico. Un terzo di giovani in Umbria rientra nelle categorie dei neet, cioè che non studiano, non si formano, non lavorano, bisogna tenere conto anche di questo. In questo il senso del salario minimo che non va sottovalutato, di un piano casa".
    "È necessario tornare a credere nell'istituzione Regione - ha concluso - in cui si torna ad essere gruppo dirigente, in cui si vuole costruire il riscatto della nostra terra. I cittadini umbri hanno dato un messaggio chiaro, in pochi mesi è stato ribaltato un quadro politico istituzionale con una forte voglia di cambiamento. Siamo dunque chiamati ad inseguire la 'grande ambizione' e non perdersi nelle piccole ambizioni quotidiane".
   
   

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