(dell'inviato Domenico Mugnaini) Giuseppe Mussari, l'ex presidente di Banca Mps, "avvocato, già presidente della Fondazione Mps e presidente dell'Abi", ha avuto un ruolo "esecutivo e determinante" nella vicenda legata alla ristrutturazione del derivato Alexandria, realizzato da Mps con i giapponesi di Nomura.
Lo scrivono i giudici del tribunale di Siena nelle motivazioni della sentenza con la quale hanno condannato a 3 anni e 6 mesi lo stesso Mussari e con lui l'ex dg Antonio Vigni e l'ex capo area finanza Gianluca Baldassarri.
I tre
realizzarono "un disegno criminoso" occultando il 'mandate
agreement' alle Autorità di Vigilanza.
Le motivazioni sono state depositate oggi a Siena e chiudono,
almeno fino a quando verrà presentato appello dai legali, la
vicenda senese: tutte le carte relative all'inchiesta principale
sull'acquisizione di Antonveneta sono ormai passate, per
competenza, a Milano. Una storia, quella ricostruita nelle
motivazioni, e prima durante il processo, che per i giudici ha
in qualche modo dato il via a tutti i problemi di Mps, compresi
quelli attuali con i nuovi vertici impegnati da tre anni a
cercare di risalire la cima: anche oggi il titolo in Borsa ha
chiuso a 0,434 euro, -5,65%.
Già durante il processo, iniziato il 26 settembre 2013 e
chiuso il 31 ottobre scorso, i pm Aldo Natalini, Antonino
Nastasi e Giuseppe Grosso, contestarono all'ex presidente il
ruolo avuto, pur riconoscendo quello determinante di Baldassarri
e di Vigni: il 'mandate' venne trovato dal nuovo ad Fabrizio
Viola il 10 ottobre 2012 nella cassaforte nell'ufficio dell'ex
dg. Un contratto che, scrivono ancora i giudici (Leonardo Grassi
presidente, Paolo Bernardini e Nadia Garrapa, estensore delle
motivazioni), era un documento "essenziale" per comprendere la
situazione reale della banca. Un documento che venne tenuto
nascosto agli ispettori della Banca d'Italia e della Consob: gli
ex vertici "avevano piena consapevolezza" di quello che stavano
facendo e del fatto che, se fosse finito nelle mani degli
ispettori, "ai quali doveva essere messo a disposizione",
avrebbe permesso di comprendere la "complessa architettura"
dell'operazione realizzata con Nomura. Costi compresi, circa 220
milioni di euro, che avrebbero inciso "sul patrimonio e in
particolare sul 'core tier' 1". Sin dalla call conference
Mussari, Vigni e Baldassarri, "erano perfettamente a conoscenza
dei dettagli delle operazioni e della ratio economica che le
legava", "orientandole verso il raggiungimento dell'obiettivo
che il presidente e il direttore generale si erano prefissi e
cioè ristrutturare Alexandria senza esporre costi nel relativo
bilancio di esercizio" del 2009. Quel bilancio che
l'acquisizione di Antonveneta aveva messo in pericolo e a
rischio per il futuro. Un rischio che i tre dovevano nascondere
alle Autorità e ai soci.
Intanto oggi i pm Aldo Natalini e Nicola Marini, titolari
dell'inchiesta sul sucidio di David Rossi, l'ex capo area
comunicazione suicidatosi la sera del 6 marzo 2013, hanno
convocato il giornalista de Il Fatto quotidiano Davide Vecchi e
Antonella Tognazzi, vedova di Rossi. I due sono indagati, in
concorso, per aver divulgato le mail scritte da Rossi all'ad
Viola, ossia per divulgazione dei dati personali costituiti dal
contenuto delle mail in assenza di un consenso validamente
espresso dall'interessato Viola. Agli indagati, che si sono
avvalsi della facoltà di non rispondere, viene anche contestata
l'aggravante di aver cercato di perseguire un profitto
dall'esercizio arbitrario delle proprie ragioni nei confronti
della banca. Nè Viola, nè Banca Mps, hanno presentato querela.
Nei prossimi giorni i magistrati potrebbero sentire altre
persone.
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