Ha completato la transizione sessuale
da poco, il suo passaporto ha ancora un nome maschile e i suoi
traumi e le sue esperienze dietro l'immagine di donna bellissima
li porta dentro di sé ma soprattutto li mette in scena. Al Lido
oggi c'è Trace Lysette, la protagonista di MONICA, il film del
regista italiano Andrea Pallaoro, il secondo dei cinque in gara
per il Leone d'oro a passare in concorso, il giorno dopo il
trionfale approdo del cannibale innamorato Timothée Chalamet che
con Taylor Russell ha interpretato Bones and all di Luca
Guadagnino. Lunghi capelli biondi, il trucco a esaltare i
lineamenti, un fascino elegante ma che non passa inosservato,
Lysette, subito data tra le favorite per la Coppa Volpi di
Venezia 79, è al suo primo ruolo da protagonista. "Monica è un
momento fondamentale, rappresenta per me una grande opportunità,
raccontare quello che sono ma anche essere considerata
un'attrice a pieno titolo. In passato ho avuto momenti
difficili, volevo rinunciare a tutto, l'etichetta gender mi
perseguitava, dormivo su un materasso per terra a casa di
conoscenti, poi un amico mi ha incoraggiata a investire su me
stessa, ad andare avanti, ho preso lezioni di recitazione, è
arrivata la chiamata per la serie Law and Order e la mia vita ha
cominciato a rialzarsi, subito dopo il ruolo in Transparent e
ora posso sognare in grande. Cosa? Essere chiamata in un film
come un'attrice e non come una transgender, credo di
meritarmelo, ho lavorato duro, ho talento", dice la 34enne, una
nonna di origini napoletane, nata nel Kentucky, cresciuta in
Ohio, proprio dove è stato girato il film. Hollywood è pronta?
E' accogliente e inclusiva come professa di essere? "Non c'è
bisogno di categorizzare, siamo attrici e basta". Andrea
Pallaoro, il regista di Trento da 23 anni in America, a Los
Angeles, ha scelto Lysette "tra 30 candidate, attrici trans, ma
con lei c'è stata un'empatia speciale, mi ha colpito la sua
capacità di essere sulla scena più che di recitare, forse per
esperienze simili a quelle della storia cui ha contribuito con
il suo vissuto". La Monica del titolo del film (in sala con I
Wonder) è una donna che torna a casa, chiamata dal fratello a
salutare la madre morente: non si vedono da anni, da quando lei
si è trasferita in California, non accettata dalla famiglia per
la sua identità sessuale. "E' un cinema basato sulle domande e
non sulle risposte", spiega Pallaoro, al secondo capitolo, dopo
Hannah con Charlotte Rampling, di una trilogia, "ma qui racconto
un'eroina moderna, un personaggio pieno di coraggio e generosità
che riesce a perdonare di essere stata abbandonata. E' vero, è
una trans, ma questo se all'inizio è stata una molla della
storia, basata su vicende che conoscevo come quella di una
persona a me cara o la stessa Tracy, poi durante il film è
passato quasi in secondo piano e la storia diventa quella di una
figlia che trova la madre e la famiglia dopo tanta assenza, che
vuole recuperare il tempo perduto, la memoria che la mamma
malata ha perso diventa il centro di tutto e l'accettazione
dell'altro il fondo delle relazioni umane". La mamma è Patricia
Clarkson, una fantastica attrice che a Venezia non fa che
sostenere Lysette. Le riprese non sono andate proprio lisce:
"Tre location ci hanno impedito di girare sapendo il tema che
trattavamo, purtroppo nell'America profonda che ha votato Trump
accade", racconta il regista che ama il cinema di Michelangelo
Antonioni, ha Fassbinder, Lucretia Martel, Tsai Ming-liang tra i
miti e la Mostra di Venezia come 'culla'.
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