di Francesca Pierleoni
Un amore per "la sfida. Non mi piace
ripetermi, preferisco confrontarmi con ciò che non conosco. Se
c'è qualcosa che mi spaventa mi ci butto. Cerco progetti che non
si somiglino e provo ad evitare ciò che mi viene facile". E' fra
le linee che segue da attrice Kasia Smutniak, Leopard Club Award
al Locarno Film Festival dove in una conversazione con Piera
Detassis, presidente dell'Accademia dei David di Donatello,
traccia un racconto di sé fra set e vita, famiglia e impegno.
Riflessiva, serena e garbata, nell'ora di dialogo al Forum,
davanti a una platea distanziata nella quale c'è anche il marito
Domenico Procacci, segnala anche le discrepanze tra realtà e
wikipedia: "Nella pagina su di me ci sono molte cose sbagliate
che non riesco a correggere", spiega sorridendo l'attrice
polacca naturalizzata italiana, classe 1979. "C'è scritto ad
esempio che sono arrivata seconda a un importante concorso di
bellezza in Polonia: era un concorso di miss al liceo, fatto per
una scommessa persa con i miei amici. Ho vinto un orsacchiotto
che mia madre ancora conserva". Al Festival, per la proiezione
in Piazza Grande, in occasione della consegna del premio, ha
scelto di portare Nelle tue mani (2008) di Peter Del Monte
(scomparso a maggio di quest'anno, ndr): "E' un film
fondamentale per me, mi ha fatto capire cosa dovessi cercare
come attrice. La libertà di muovermi nel racconto e nel
personaggio. Nel mio lavoro all'inizio sono come un tela bianca,
in scena metto il mio bagaglio emotivo e so quanto mi costa.
Sapere di lavorare con una persona che non ti tradirà è
prezioso. Con Peter c'era un rapporto perfetto basato sulla
totale fiducia". Tra gli altri cineasti con cui ha il legame più
forte c'è Ferzan Ozpetek, "uno dei miei migliori amici ma anche
una delle persone con cui ho litigato di più durante le riprese.
Tra noi c'è un rapporto lavorativo basato sulla passione e sulla
fiducia". Una delle poche volte in cui Kasia Smutniak ha deciso
di ripetersi è stata per la versione polacca di Perfetti
sconosciuti, riprendendo il personaggio interpretato nel film di
Paolo Genovese, diventato da Guinness dei Primati per numero di
remake (finora 18): "Ho pensato, 'ricapita una volta nella vita
un'occasione come questa...'. Anche gli attori polacchi erano
strepitosi, ero solo preoccupata per il menù nelle scene a
tavola. Nella versione italiana dopo aver mangiato gnocchi per
settimane non li ho più toccati". Tra i nuovi film che ha girato
c'è il suo primo horror, Pantafa di Emanuele Scaringi: "Racconta
le crisi ipnagogiche, quelle che ti fanno risvegliare con la
mente mentre corpo resta dormiente, uno stato che ti può dare
allucinazioni auditive e visive. Interpreto una madre un po'
difficile... Pensavo di ridere sul set e invece c'è stata la
paranoia". Dopo "ho girato il film di Silvio Soldini (intitolato
3/19), una storia completamente diversa, ma in albergo la notte
avevo ancora paura". E' anche fra i protagonisti de Il colibrì
di Francesca Archibugi, con Pierfrancesco Favino e Nanni
Moretti, dal bestseller di Sandro Veronesi vincitore del premio
Strega: "Interpreto la moglie del protagonista, Marina. E' un
set magico. Con Nanni e Pierfrancesco sa di casa, amici,
famiglia. Mi piace tantissimo lavorare con Francesca, è una
grande fan del libro ed è una donna di dolcezza infinita con cui
c'è grandissima fiducia". Al lavoro da attrice per Kasia
Smutniak si unisce l'impegno sociale, che l'ha portata anche a
realizzare la costruzione, con l'associazione Pietro Taricone,
di una scuola con dormitorio annesso nella regione tibetana del
Mustang in Nepal (l'amore per quelle zone è nato grazie a un
viaggio 18 anni fa): "Il Paese è in lockdown, e abbiamo dovuto
chiudere. I vaccini però sono arrivati, speriamo di poter
riaprire presto". Il progetto è nato per promuovere "la
salvaguardia di quella cultura straordinaria e offrire una
possibilità di istruzione a bambini che altrimenti non
l'avrebbero avuta".
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