"Atti cannibaleschi contro cittadini
pacifici". Così la portavoce del ministero degli Esteri russo,
Maria Zakharova, ha definito i crimini di cui sono accusati
cinque militari ucraini, che secondo le autorità investigative
di Mosca avrebbero ucciso 22 civili nella regione russa di
Kursk, tra le quali 8 donne, che avrebbero anche violentato.
Secondo la portavoce, citata dall'agenzia Tass, questi
"crimini disumani" dimostrano le radici "terroristiche e
neonaziste del regime di Kiev" che gli occidentali
"sponsorizzano con centinaia di miliardi di dollari ed euro", ma
che mostra la sua "impotenza militare e politica sullo sfondo
delle sconfitte al fronte". "Nonostante tutta la sordità della
comunità internazionale e la sua riluttanza a prestare
attenzione a tali atrocità, dobbiamo continuare instancabilmente
a fare appello alla loro coscienza e alla loro attenzione", ha
affermato da parte sua il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
Il Comitato investigativo russo ha detto di avere accertato
il coinvolgimento di almeno cinque militari delle truppe
d'invasione ucraine nel Kursk nelle violenze e nelle uccisioni
di civili, che sarebbero avvenute tra il settembre e il novembre
del 2024 nel villaggio occupato di Russkoye Porechnoye. I corpi
delle vittime sarebbero poi stati nascosti nelle cantine di
alcune abitazioni rurali.
Le autorità russe hanno diffuso il video di uno dei militari
accusati, identificato come Yevgeny Fabrisenko, che sarebbe
stato "arrestato durante le battaglie nel distretto di Sudzha".
Il militare, afferma il Comitato investigativo, "ha ammesso la
sua colpevolezza durante l'interrogatorio e ha testimoniato
dettagliatamente come lui e altri militari ucraini hanno
violentato, aggredito sessualmente e ucciso civili". La
portavoce del Comitato investigativo, Svetlana Petrenko, ha
detto che i cinque militari sono accusato di "aver commesso un
attacco terroristico, di stupro e violenza sessuale di gruppo".
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