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Blitz da Trump e la lunga notte, la partita di Meloni

Blitz da Trump e la lunga notte, la partita di Meloni

Ora le valutazioni su Abedini. E Rizzi è in pole per il Dis

ROMA, 09 gennaio 2025, 07:06

di Paolo Cappelleri

ANSACheck
Trump e Meloni - RIPRODUZIONE RISERVATA

Trump e Meloni - RIPRODUZIONE RISERVATA

Per tutta la notte ha seguito in tempo reale gli aggiornamenti provenienti dalla situation room allestita negli uffici dei Servizi segreti. Poi, quando a inizio mattinata è finalmente decollato da Teheran l'aereo con a bordo Cecilia Sala, ha telefonato ai suoi genitori: "È libera, sta tornando in Italia". Giorgia Meloni ha così confezionato il successo politico-diplomatico della liberazione della giornalista. Un risultato raggiunto con non poche fibrillazioni, anche interne, fra l'addio di Elisabetta Belloni e qualche incertezza nella gestione delle fasi iniziali.

Ma alla fine è una scommessa personale vinta, e lo dimostrano i complimenti diretti alla premier dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Perché cruciale è stato il suo blitz in Florida, da dove è tornata - come ricostruisce anche il Wall Street Journal - con la rassicurazione che il nuovo presidente degli Usa Donald Trump avrebbe compreso un respingimento da parte italiana dell'estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi.
    Le due vicende sono apparse sin da subito intrecciate, al di là delle smentite ufficiali.

E quella dell'ingegnere iraniano specializzato in droni - arrestato a Malpensa tre giorni prima di Sala, accusato dalla giustizia americana di cospirazione e supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica - appare destinata a evolversi senza l'estradizione.
    L'accordo prevede che per il momento l'Italia non lo estradi negli Usa, riferiscono fonti di governo e di intelligence al Post, il sito per cui scrive il compagno di Sala, Daniele Raineri. Sono valutazioni ancora in corso a livello di esecutivo e, secondo alcune letture, l'epilogo potrebbe essere il rilascio di Abedini, anche se per ora né il ministro della Giustizia Carlo Nordio né altri suoi colleghi si sbilanciano.
    D'altronde è stato il silenzio una delle chiavi della svolta, concretizzatasi prima dell'ultima notte di Sala nel carcere di Evin, quando la giornalista è stata spostata dall'isolamento a una cella in condivisione, ricevendo i due pacchi dell'ambasciata, da giorni 'ostaggio' del penitenziario, e la valigia che aveva lasciato in albergo il giorno dell'arresto.


    Poi ha potuto anche telefonare alla famiglia: tutti segnali di novità imminenti. Era l'epilogo a cui puntava Meloni prendendo in mano la regia nel vertice di Palazzo Chigi giovedì scorso, quando il braccio di ferro con la Repubblica Islamica sembrava essersi irrigidito e i tempi per la soluzione allungati di molto. A un certo punto, per usare le parole del papà di Sala, è diventata una partita a scacchi con "una scacchiera che si è affollata". Sono le fasi in cui Belloni ha annunciato le sue dimissioni alla premier, che nelle ultime ore si starebbe orientando a scegliere il prefetto Vittorio Rizzi come nuovo direttore del Dis, il Dipartimento incaricato di coordinare le due Agenzie operative dell'Intelligence italiana, interna ed esterna. E sono le fasi in cui è nata la decisione di volare sabato a Mar-a-Lago, presa senza coinvolgere immediatamente nemmeno il ministro degli Esteri Antonio Tajani.


    Scorie superate, assicurano in ambienti di governo, conta il risultato. Meloni ha condotto le interlocuzioni con Trump, e con l'amministrazione uscente di Joe Biden (con cui avrà un ultimo bilaterale sabato a Roma), inquadrando la liberazione di Sala come un interesse nazionale. Il passaggio decisivo, si ragiona tra i fedelissimi della premier. L'operazione è stata portata a termine in asse con il sottosegretario Alfredo Mantovano e il direttore dell'Aise Giovanni Caravelli, che ha trattato con l'Iran ed è volato a Teheran per riportare in Italia Sala.
    C'è chi ipotizza anche un ruolo della Santa Sede, con il Papa che il 4 gennaio ha avuto un colloquio con l'ambasciatore iraniano in Vaticano, Mohammad Hossein Mokhtari. E che l'Italia abbia trovato sponda nell'anima meno conservatrice del regime di Teheran. Alla fine la triangolazione Roma-Teheran-Washington ha evidentemente portato a un accordo funzionale a tutti, con una condivisione di informazioni. E ora c'è chi prospetta una nuova dimensione del rapporto con l'Iran, che nel 2017 aveva nell'Italia il primo partner commerciale dell'Ue, prima della contrazione per le sanzioni e la politica di protezione iraniana. 
   

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