C'è il rischio di un'esclusione
censitaria dalla professione forense. A lanciare l'allarme sono
studenti e praticanti in base al "Regolamento recante la
disciplina dei corsi di formazione per la professione forense"
inviato mercoledì scorso dal ministero della Giustizia al
Consiglio Nazionale Forense (Cnf).
Il contenuto "non appare rassicurante - afferma Donato
Barbato di Dike, Network dei praticanti e dei tirocinanti
forensi - per il futuro dei neo-laureati interessati alla
professione forense". Il regolamento in questione disciplina
l'istituzione e il contenuto di corsi di formazione obbligatori
e propedeutici allo svolgimento della pratica forense. "La
partecipazione a tali corsi sarà obbligatoria, prevedendo un
numero programmato, che di fatto - osserva Riccardo Laterza,
portavoce nazionale della Rete della Conoscenza - rende
l'accesso alla professione 'a numero chiuso', e numerosi esami
in itinere (nel corso dei 18 mesi di pratica sarà obbligatorio
svolgere tre esami di profitto per la verifica delle competenze
acquisite), tra cui un esame finale, che consisterà in una
'Simulazione della prova dell' Esame di Stato'". "Tali corsi -
prosegue Laterza - avranno un costo che sarà a carico dei
partecipanti, con l'eventualità che i soggetti promotori degli
stessi dispongano borse di studio esclusivamente sulla base del
merito, rafforzando l'esclusione su carattere censitario dalla
professione". "Sembra proprio che la ratio di tale
regolamento sia quella di 'sfoltire' il numero di avvocati
presenti in Italia attraverso la revisione della formazione
post-laurea, rendendo l'accesso alla professione notevolmente
costoso ed elitario, sottoponendo la possibilità di effettuare
la pratica alla valutazione della carriera universitaria o di un
apposito esame di ingresso" dice Domenico Cristiano,
responsabile nazionale dell'Area Giuridica di Link-Coordinamento
Universitario.
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