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Trump minaccia l'Ue: 'Dazi del 200% su vini e champagne'

Trump minaccia l'Ue: 'Dazi del 200% su vini e champagne'

Von der Leyen: 'Aperti ai negoziati'. In calo gli alcolici in Borsa

NEW YORK, 14 marzo 2025, 09:55

Redazione ANSA

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I liquori europei, nel mirino di Washington - RIPRODUZIONE RISERVATA

I liquori europei, nel mirino di Washington - RIPRODUZIONE RISERVATA

Donald Trump minaccia l'Unione Europea con dazi del 200% su vini e champagne, alimentando i timori di una guerra commerciale a tutto campo sulle due sponde dell'Atlantico.

Definendo il Vecchio Continente "ostile" e "molto cattivo", il presidente americano ha annunciato sul suo social Truth che procederà con le tariffe se l'Ue "non rimuoverà immediatamente" i dazi sul whiskey americano, annunciati da Bruxelles in risposta a quelli sull'acciaio e l'alluminio varati dalla Casa Bianca. E, incontrando il segretario generale della Nato Mark Rutte, ha rincarato la dose precisando di non essere intenzionato a piegarsi sulle tariffe sui metalli né tantomeno su quelle reciproche che dovrebbero scattare il 2 aprile.

"Siamo stati derubati per anni, e non lo saremo più", ha detto Trump mostrando la sua forte determinazione a procedere nonostante le tensioni sui mercati finanziari. Se le borse europee chiudono deboli - Milano ha archiviato la seduta in calo dello 0,80% -, Wall Street è nuovamente in profondo rosso, con gli investitori sempre più preoccupati dall'impatto delle politiche commerciali del presidente. Dietro le quinte la frustrazione degli amministratori delegati delle grandi aziende americane monta con il passare dei giorni. Il timore è quello di una recessione ma, soprattutto, di una stagflazione dalla quale emergere avrebbe un costo molto alto. La mancanza di certezze su come Trump intende procedere è l'aspetto che più innervosisce i leader delle big americane che - secondo indiscrezioni - stanno guardando con estrema preoccupazione al pugno duro del presidente contro il Canada. Ottawa sta ostentando sicurezza ed è in una posizione attendista, consapevole che - come è accaduto negli ultimi giorni - le minacce di Trump non sempre si concretizzano.

Nonostante questo si è rivolta alla Wto contro i dazi sull'alluminio e l'acciaio, denunciandoli come "incoerenti" rispetto agli obblighi americani.

L'Ue invece sembra intenzionata a procedere sulla via del dialogo. "Non ci piacciono i dazi perché pensiamo che siano delle tasse e che siano negativi per le imprese e per i consumatori. Abbiamo sempre detto che difenderemo i nostri interessi. Lo abbiamo detto e dimostrato. Ma allo stesso tempo voglio anche sottolineare che siamo aperti ai negoziati", ha detto la presidente della commissione Europa Ursula von der Leyen, sottolineando che il commissario al Commercio è in contatto con la sua controparte negli Stati Uniti e venerdì parleranno proprio su questo tema. Condannando "l'escalation" di Trump in una ''guerra commerciale che ha scelto di dichiarare", il ministro francese per il Commercio Estero, Laurent Saint-Martin, ha avvertito: la Francia resta ''determinata a replicare'' alle tariffe, ''non cederemo mai alle minacce e proteggeremo sempre le nostre filiere".

Non è la prima volta che l'industria degli alcolici e superalcolici si ritrova al centro di una guerra commerciale transatlantica. Durante il suo primo mandato, Trump aveva infatti imposto tariffe sul settore senza mai però spingersi al 200%. All'epoca minacciò anche dazi sullo champagne ma, alla fine, non diede seguito alle sue parole. L'ipotesi di una stretta tariffaria gela i colossi del settore, la cui intensa lobby a Washington degli ultimi mesi non sembra aver dato frutti. In borsa i titoli di Lvmh, produttore dello champagne Moet & Chandon, hanno chiuso in calo dell'1,1%, mentre quelli di Remy Cointreau del 4,7%. Pernod Ricard è calata del 4%, Campari del 4,3% e Heineken dell'1,5%. Bernard Arnault, uno degli uomini più ricchi al mondo grazie al suo Lvhm, è un amico di lunga data di Trump e ha partecipato anche al suo giuramento. Non è chiaro però se l'amicizia che li lega possa spingere Arnault a cercare di convincere il presidente a ripensarci e, soprattutto, se Trump sia disposto ad ascoltarlo.

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