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L'analisi dell'esperto: 'Trump, Zelensky e il complesso di Weimar'

L'analisi dell'esperto: 'Trump, Zelensky e il complesso di Weimar'

De Martini: 'Linguaggio del corpo e fallimento di entrambi'

ROMA, 01 marzo 2025, 19:25

Redazione ANSA

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Alberto De Martini, docente e desperto di comunicazione - RIPRODUZIONE RISERVATA

Alberto De Martini, docente e desperto di comunicazione - RIPRODUZIONE RISERVATA

 "Definisco 'complesso di Weimar' lo stato psicologico di chi si sente vittima di gravi ingiustizie e vessazioni, tanto da giustificare atti contro la morale, in quanto giustificati da ciò che si è subito. Secondo me il colloquio è fallito a causa del fatto che entrambi i protagonisti sono giunti all'incontro con quel vissuto. Zelensky in quanto capo di una nazione aggredita e, come tale, in diritto di essere aiutato, stimato e benvoluto: un eroe della resistenza contro il male. Trump come capo della nazione (e del 'mondo libero') che ha sostenuto finanziariamente e militarmente l'Ucraina, 'senza aver nulla in cambio'. E anche come promotore di un accordo, che 'porrà fine a morte e distruzione' nella stessa Ucraina". È l'analisi dello scontro consumatosi ieri nello Studio Ovale elaborata da Alberto De Martini, co-fondatore e ceo dell'agenzia Conic, docente e esperto di comunicazione.

"Entrambi, inoltre - spiega De Martini - giungono all'incontro già con il (fondato) sospetto che l'altro non condivida affatto la sua versione di sé: Zelensky, già definito da Trump un comico mediocre e un dittatore e avendo registrato l'intesa di Trump con il nemico; Trump, convinto dalla narrazione putiniana riguardo alle presunte colpe storiche di Zelensky alla base del conflitto con la Russia".

Che cosa produce questo assetto psicologico, il peggiore possibile per favorire un accordo? "Lo si vede immediatamente nella battuta di Trump sull'abbigliamento di Zelensky. Non è una battuta cordiale. 'Sei vestito di tutto punto, oggi', significa: 'Come ti permetti di presentarti in questo modo a un incontro ufficiale con il presidente degli Stati Uniti: guarda che con me non funziona la storiella del presidente-soldato-aggredito che, quindi, è l'unico al mondo a non doversi mettere giacca e cravatta'".


    In pratica, argomenta De Martini, "con una battuta, la prima battuta, Trump distrugge la narrazione identitaria di Zelensky e della sua Ucraina. Da quel momento, tutto non può che andare di male in peggio. Zelensky si chiude a riccio: resta con le braccia incrociate e il volto scuro per tutto l'incontro: è in difesa, non ha alcuna fiducia nelle intenzioni della controparte. Gli altri due sentono l'odore del sangue: Vance si protende verso Zelensky assumendo il ruolo della leonessa cacciatrice; Trump è il leone che osserva, il più rilassato: si sente forte davanti a un interlocutore che ritiene debole".


    Con questi presupposti, "basta una micro-scintilla per provocare un'esplosione", continua. E la scintilla si accende "quando Zelensky, dopo aver ribadito la sua condizione di vittima ('tutti hanno problemi in guerra') dice a Trump 'voi avete un bell'oceano, non sentite i problemi, ma li sentirete'.


    Come si permette di dire all'America di Trump, quella pronta a ritornare grande, che 'sentirà il problema'? È qui che Trump entra in azione, esibendo a sua volta il 'suo' complesso di Weimar: 'Non ci avete mai detto grazie'. E poi l'affondo: 'Senza di noi, non avete carte da giocare'. E qui, Zelensky, sempre più in difesa, sempre più insicuro sul modo in cui stava ponendosi in quel contenzioso, supera il punto di non ritorno con la frase: 'Non sono venuto qui per giocare a carte'".


    "Prendere alla lettera la metafora di Trump è una provocazione dialettica che il re leone non può accettare. In quel momento - conclude lo studioso - il fallimento è irrecuperabile. Un fallimento di entrambi. Solo le dichiarazioni successive, formulate a freddo, hanno riaperto uno spiraglio. La speranza è che le esternazioni di ieri abbiano esaurito le necessità di entrambi di esprimere la propria condizione legata alla sindrome di Weimar e che, da oggi, riusciranno a parlarsi a mente libera, verso un obiettivo comune, ammesso che esista".
 
   

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