Da paria internazionale a protagonista del nuovo ordine mondiale. Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, la parabola del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman è tornata ad essere in vertiginosa ascesa: il suo nome figura ora accanto a quello dei principali fautori dei negoziati di pace per l'Ucraina, e anche nelle trattative sul futuro della Striscia di Gaza, e più in generale della questione palestinese. Ma il principe appare anche come possibile mediatore per il programma nucleare iraniano, oltre che come investitore di punta negli Usa, con un fiume di petrodollari.
Dopo esser stato emarginato dalle principali cancellerie occidentali in seguito all'uccisione del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi nel 2018, di cui secondo la Cia è stato il mandante, Mohammed bin Salman è di fatto riemerso in seguito alla crisi energetica innescata dall'invasione russa dell'Ucraina. Il vero arrivo al centro della diplomazia mondiale è stato però lampante quando Trump lo ha chiamato il giorno stesso del suo re-insediamento nello Studio Ovale, per poi affermare che il primo incontro con il presidente russo Vladimir Putin potrebbe avvenire proprio alla corte di Riad. Un colloquio in cui il principe ha dal canto suo annunciato che il regno intende investire 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti, nei prossimi quattro anni.
A certificare che bin Salman è in qualche modo dietro anche al riavvicinamento tra Washington e Mosca ci ha poi pensato l'inviato speciale di Trump per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che ha elogiato "l'importante contributo" del principe alla liberazione di Marc Fogel, un cittadino americano detenuto in Russia per quattro anni. Da lì si è arrivati all'incontro di queste ore nella capitale saudita tra segretario di Stato Usa Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, per parlare di Ucraina e anche di un imminente faccia a faccia tra Trump e Putin.
Allo stesso tempo, secondo quanto ha rivelato la Cnn, l'Arabia Saudita potrebbe mediare tra l'amministrazione Trump e l'Iran per raggiungere un nuovo accordo che limiti il ;;programma nucleare di Teheran, che secondo Riad potrebbe voler perseguire più che mai un'arma nucleare dopo che i suoi alleati regionali sono stati notevolmente indeboliti dagli attacchi israeliani.
Ma il vero banco di prova delle ambizioni diplomatiche del principe riguarda il futuro della Striscia di Gaza. Il controverso piano piano di Trump per farne "la riviera del Medio Oriente" è stato rapidamente bocciato da Riad, che ha pure ribadito le richieste per uno Stato palestinese, condizione per poi poter normalizzare i rapporti con Israele in base agli Accordi di Abramo. Accordi che stanno particolarmente a cuore a Trump, con la speranza che possano fruttargli il premio Nobel per la pace.
In questo quadro, Riad ha dunque elaborato una bozza alternativa di piano di pace e ricostruzione della Striscia che sarà discussa il 20 febbraio a Riad con Egitto, Giordania, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Ossia prima del vertice dei leader arabi convocato d'urgenza in Egitto sette giorni dopo. Un modo per giocare su più tavoli, e anche per giocarsi il suo futuro da leader di primo piano sulla scena mondiale.
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