Le sanzioni e gli attacchi di Donald Trump da un lato. Il caso del libico Osama Almasri Najim dall'altro.
Due dossier diversi ma con due punti di incontro: l'Aja e New York. Nella capitale olandese ha sede la Corte penale internazionale, oggetto dell'annunciato ordine esecutivo della Casa Bianca e al centro dello scontro con le autorità italiane per il caso Almasri. A New York, alle Nazioni Unite, è accaduto invece che 79 Paesi hanno redatto un documento per difendere la Corte dall'iniziativa di Trump.
Tra le firme c'erano quelle dei principali Paesi europei (Gran Bretagna, Germania, Francia e Spagna tra gli altri), non quella dell'Italia. La dichiarazione redatta al Palazzo di Vetro è arrivata dopo che, a Washington, è dato ormai per imminente l'ordine esecutivo con cui Trump imporrà sanzioni finanziarie e sui visti ai giudici della Corte dell'Aja. Sanzioni che andrebbero a delineare un attacco mai visto, nella storia recente, da parte di un Paese occidentale alla Cpi.
Tali misure aumentano "il rischio dell'impunità" nel mondo, è l'avvertimento del documento dei 79 Paesi membri. Un concetto che il portavoce dell'Onu ha esplicato così: "La Cpi deve essere autorizzata a lavorare in piena indipendenza". La levata di scudi a favore della Corte dell'Aja è stata estesa, ferma, sovente messa nero su bianco. Come è accaduto per la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che sui canali social ha precisato come il Tribunale dell'Aja garantisca "la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l'impunità globale". "L'Europa - ha puntualizzato - sarà sempre a favore della giustizia e del rispetto del diritto internazionale".
Parole alle quali si era già unito il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. E alle quali hanno fatto seguito quelle della presidente della Corte, Tomoko Akane. "Le sanzioni di Trump sono "un grave attacco al diritto internazionale" e "mirano a minare la capacità della Corte di amministrare la giustizia in tutte le situazioni", ha spiegato la giudice giapponese. Il governo italiano, per ora, non ha chiarito il perché non abbia firmato la dichiarazione a difesa della Cpi. Al di là della vicinanza alla nuova amministrazione americana, di certo l'episodio piomba in un momento di profondo attrito tra Roma e la Corte dell'Aja, con quest'ultima attaccata pubblicamente dal ministro della Giustizia Carlo Nordio in Parlamento e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha evocato un'indagine nei confronti della Cpi per il suo atteggiamento sul caso Almasri. "Una follia vergognosa", l'ha definita il M5s, laddove Elly Schlein ha ribadito un concetto già scandito in Aula durante l'informativa di Nordio e Piantedosi: "Meloni si è nascosta, deve rispondere politicamente della vicenda". La mancata firma dell'Italia all'Onu è destinata a gettare altra benzina sul fuoco.
"Il governo si è voltato dall'altra parte, è complice dell'attacco di Trump al diritto internazionale", hanno sottolineato le eurodeputate dem Annalisa Corrado e Cecilia Strada. Lo scontro tra gli Usa (e Israele) e la Cpi per il mandato di arresto spiccato nei confronti di Benyamin Netanyahu per i raid su Gaza è una questione da giorni anche europea. Il caso Almasri lo diventerà a breve. Martedì approderà in un dibattito ad hoc sulla Cpi alla Plenaria dell'Eurocamera. Parallelamente il sudanese David Yambio, vittima delle torture per cui è accusato Almasri, terrà una conferenza stampa con il presidente della sottocommissione per i Diritti Umani Mounir Satouri. Nei prossimi giorni, sulla scia della denuncia recapitata all'Aja nei confronti di Meloni, Piantedosi e Nordio per il rilascio del generale libico, altre ne potrebbero arrivare, ha annunciato Omer Shatz, uno dei legali delle vittime. Nel frattempo la Cpi è corsa ai ripari incontrando, giovedì, i vertici Ue. Chiedendo ed ottenendo un sostegno concreto da parte delle istituzioni. Con l'uso, ad esempio, del cosiddetto Statuto di Blocco, che permette di contrastare gli effetti di sanzioni imposte da normative extraterritoriali. E con un principio base, che Akane ha voluto ribadire erga omnes: "La Cpi rifiuta ogni tentativo di politicizzare il suo ruolo".
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