L'Europa delle nazioni respinge con sdegno il piano di Trump di trasformare Gaza in un resort, previa espulsione dei palestinesi, mentre l'Unione Europea volutamente tace per evitare di rincorrere The Donald in un gorgo infinito di dichiarazioni. La prima ad impallinare l'idea di Gaza-sur-mer è stata Parigi ma è stata subito seguita a ruota da Londra e Berlino. La Striscia - si può riassumere - è dei palestinesi e l'ipotesi di un esproprio da parte di uno Stato terzo, siano pure gli Stati Uniti, è inammissibile.
L'avvenire di Gaza passa per "un futuro Stato palestinese" - avverte il Quai d'Orsay in una nota - e si sottolinea "la contrarietà a qualsiasi trasferimento forzato della popolazione", che rappresenterebbe "una violazione grave del diritto internazionale". La deportazione in Paesi limitrofi come Giordania ed Egitto (che pure hanno subito respinto al mittente) danza infatti pericolosamente sul ciglio della pulizia etnica bella e buona. I palestinesi, ha dichiarato il ministro degli Esteri britannico David Lammy nel corso della sua visita a Kiev, devono poter "vivere e prosperare" a Gaza e in Cisgiordania, senza però voler polemizzare con il presidente americano, anzi.
"Trump ha ragione: se si guarda alle scene di palestinesi che sono stati orribilmente sfollati nel corso di così tanti mesi di guerra, è chiaro che Gaza è in macerie", ha ammiccato precisando però che il Regno Unito "è sempre stato chiaro nella sua convinzione di dover cercare la soluzione dei due Stati". Molto netta la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock. "La popolazione civile non deve essere espulsa e Gaza non deve essere occupata o ripopolata in modo permanente", ha affermato.
"È chiaro che Gaza, come la Cisgiordania e Gerusalemme est, appartiene ai palestinesi, poiché queste terre costituiscono la base per un futuro Stato palestinese".
A lamentarsi ovviamente non è solo l'Europa, con le cancellerie di mezzo mondo impegnate in una corsa alla condanna - ad esempio l'Australia, la Turchia, il Brasile, l'Indonesia e la Cina, per citarne una selezione. I vertici delle istituzioni europee, in controtendenza, si trincerano invece nel silenzio.
"La nostra posizione non cambia", evidenzia un alto funzionario Ue ricordando le recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa in occasione dell'incontro con il primo ministro palestinese Mohammad Mustafa lo scorso 16 gennaio.
Non solo. C'è chi crede che quella di Trump sia una strategia voluta - inondare l'etere di affermazioni sempre più caustiche - con l'obiettivo di creare confusione e distrazione, riducendo le chance di una reazione. Invece va mantenuta la calma e serve concentrarsi su ciò che conta veramente: le azioni e non le parole.
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