Il capo del Mossad David Barnea ha aspettato per tre ore la telefonata del primo ministro del Qatar al Thani che, secondo il protocollo, doveva comunicargli i nomi delle prime tre rapite che domani usciranno dai tunnel di Gaza dopo 470 giorni di prigionia per tornare a casa. Sui social arabi già circolavano foto e nomi delle giovani. Il ritardo ha fatto infuriare Benyamin Netanyahu, che attraverso il suo ufficio ha minacciato: "Non proseguiremo con il piano finché non riceveremo l'elenco degli ostaggi che saranno liberati, come concordato. Israele non tollererà violazioni dell'accordo. La responsabilità esclusiva è di Hamas". Doha è intervenuta a stretto giro di posta rassicurando che "le parti sono impegnate a rispettare l'accordo di cessate il fuoco". Ma la tensione resta alta, dentro e fuori Israele, mostrando quanto sia soggetto all'alea l'accordo che ha ridato speranza a Gerusalemme e Gaza.
Intanto i media che sostengono Hamas affermano che le forze israeliane hanno iniziato a ritirarsi da diverse aree della zona di conflitto, incluse Rafah a Gaza.
Dagli Stati Uniti sembra Donald Trump sembra voler ribadire il suo messaggio: in un'intervista il presidente eletto riferisce di aver detto a Netanyahu di "continuare a fare quello" che deve fare: "tutto questo deve finire presto. Vogliamo che finisca presto", ha rimarcato, sottolineando che vedrà "presto" il premier israeliano. Insistendo: "Vedremo presto" se gli ostaggi saranno liberati, e assicurando che la sua amministrazione manterrà il cessate il fuoco attraverso il "buon governo".
Nella serata di sabato, poco dopo aver accusato Hamas di non rispettare gli impegni, Netanyahu ha convocato una conferenza stampa, la prima dopo la sigla dell'intesa con Hamas, in cui si è rivolto al Paese per dire la sua su questi ultimi, travagliati giorni, ma senza parlare del ritardo sui nomi. "Mia moglie Sara ed io speriamo, preghiamo e agiamo per il ritorno di tutti i nostri ostaggi. Ci penso in ogni momento. L'accordo è anche il risultato della cooperazione con Biden e Trump. Ho parlato con il nuovo presidente Usa mercoledì sera, lui ha giustamente sottolineato che la prima fase dell'accordo è un cessate il fuoco temporaneo", ha sottolineato il premier, mettendo l'accento, sul fatto che se la seconda parte del piano fallisse, la guerra nella Striscia riprenderebbe. "Apprezzo la decisione del presidente Trump di rimuovere tutte le restrizioni rimanenti sull'approvvigionamento di armi e munizioni essenziali per Israele", ha rimarcato chiarendo che, se i combattimenti riprendessero, sarebbero ancora più intensi.
In attesa della tregua, intanto, non cessano i raid israeliani a Gaza: oggi 5 persone sono state uccise a Khan Yunis. Mentre momenti di paura si sono avuti a Tel Aviv e a Gerusalemme dove sono suonate le sirene per un missile proveniente dallo Yemen, poi intercettato. Intanto nell'enclave è scattato il conto alla rovescia: alle 8,30 ora locale, (le 7,30 in Italia) entra il vigore la tregua, come ha annunciato il Qatar sabato mattina, gli sfollati potranno guardare il cielo senza aspettarsi ordigni micidiali. Hamas è stato autorizzato a dispiegare le sue forze di polizia in tutta la Striscia, anche se non è chiaro come avverrà poichè le truppe dell'Idf sono nell'area. Netanyahu ha infatti smentito un ritiro dell'Idf dal Corridoio Filadelfia, al confine tra Gaza e il deserto egiziano, specificando che le truppe anzi saranno aumentate. L'esercito israeliano rafforzerà anche la sua presenza in Cisgiordania per evitare il caos e il previsto pericolo di attentati, come del resto è avvenuto oggi pomeriggio a Tel Aviv dove un 19enne di Tulkarem ha accoltellato un passante prima di essere ucciso.
Il ministero della Giustizia israeliano intanto ha pubblicato l'elenco di 735 detenuti palestinesi che saranno rimessi in libertà nello scambio con i 33 ostaggi del primo gruppo. Di cui Israele stima che almeno 25 siano ancora in vita. La lista include anche superterroristi condannati per alcuni degli attacchi più mortali nella storia di Israele che sono costati la vita a centinaia di civili. Sul piano politico, la crisi sembra scorrere senza danneggiare particolarmente il governo di Bibi: il ministro di ultradestra Itamar Ben Gvir ha annunciato che si dimetterà domenica mattina, contemporaneamente con l'inizio del cessate il fuoco, insieme con altri due ministri del suo partito, Otzma Yehudit. L'altro ministro furiosamente contrario all'accordo, Bezalel Smotrich, per il momento sembra interessato a restare dentro l'esecutivo. Insieme con i loro colleghi di partito ieri hanno votato contro l'accordo, in compagnia di due altri ministri del Likud. Ma ora già nessuno ci sta pensando più: l'attenzione è rivolta drammaticamente al pomeriggio di domenica, quando le prime tre donne israeliane faranno ritorno nel loro Paese, dopo 470 giorni di incubi. "Perdonaci, oggi saresti dovuto essere a casa, è il tuo compleanno", ha dichiarato in giornata Afri Bibas, zia di Kfir, il bambino dai capelli rossi che oggi compie due anni e che tutta Israele spera sia rilasciato vivo insieme con il fratellino Ariel, di 5 anni, e la madre Shiri.
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