"E' una rivoluzione per cambiare
l'abitudine dell'imprenditore a far finta che nulla accada anche
quando l'azienda è in crisi. Vuole costringerlo a prendere atto
della difficoltà e usufruire degli strumenti che l'ordinamento
gli offre". Marco Arato, professore di diritto commerciale delle
crisi d'impresa all'Università di Genova, uno degli estensori
del nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, che
manda in pensione la legge fallimentare del 1942, spiega, a
margine di un incontro organizzato dalla Camera di commercio e
dall'Ordine dei commercialisti di Genova, la filosofia delle
nuove regole che entreranno in vigore ad agosto 2020. Si tratta
di arrivare a una diagnosi precoce dei sintomi di sofferenza di
un'impresa, per salvarla. Un monitoraggio più stretto in cambio
di maggiori chance. "Nel 2018 in Italia sono fallite 10.508
imprese, 123 a Genova e 201 in Liguria - dice Luigi Attanasio,
presidente della Camera di commercio di Genova -. Se i segnali
di crisi fossero stati percepiti e affrontati per tempo si
calcola che dal 20 al 30% delle aziende di sarebbero potute
salvare". Il nuovo codice sostituisce il concetto di fallimento
con "liquidazione giudiziale" e prevede un sistema per la
diagnosi precoce del default, attraverso un sistema di allerta
che andrà segnalato agli Ocri, Organismi di composizione delle
crisi di impresa istituiti proprio dalle Camere di commercio,
che affiancheranno gli imprenditori. Le associazioni, intanto,
chiedono una totale riservatezza dei dati. "Con questo sistema
potremo salvare 3 imprese su 4 - dice Maurizio Caviglia,
segretario della Camera di commercio - ma se i dati arrivassero
alle banche si rischierebbe un effetto opposto. Gli istituti di
credito, potrebbero chiedere il rientro alle aziende in crisi e
accelererebbero il default, anche di quelle che potrebbero
salvarsi".
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