Pirelli, il cui socio di
maggioranza relativa è cinese,
rientra fra le società impattate dai dazi americani e
soprattutto dalla nuova normativa Usa, entrata in vigore
settimana scorsa, che colpisce il comparto auto vietando la
vendita o l'importazione di veicoli connessi che utilizzano
hardware o software di aziende legate alla Cina o alla Russia.
Domani il cda (in agenda per l'approvazione del bilancio
2024) porterà il tema sul tavolo. I possibili scenari sono per
ora solo ipotesi, ma è plausibile il pressing dei manager in
difesa delle strategie di sviluppo del gruppo e per trovare
soluzioni che potrebbero essere una nuova governance della
società (con più paletti per Sinochem) oppure un rimpasto
nell'azionariato. "Anche se la nuova normativa statunitense non
ha un impatto significativo a breve termine sulle vendite di
Pirelli, riteniamo che questa legge possa costringere i due
principali azionisti di Pirelli a trovare una soluzione in
termini di governance", commentano gli analisti di Mediobanca.
Per il gruppo milanese sarebbero infatti a rischio i piani di
sviluppo sul mercato Usa del duo hardware e software Cybertyre
che consente il dialogo fra gli pneumatici e i sistemi di
controllo dell'auto. Per ora, va però sottolineato, si tratta di
un business che vale poco meno dell'1% per il gruppo milanese e,
prudenzialmente, non è neppure considerato nei target del piano
industriale Da Pirelli, contattati dall'ANSA già il 19 marzo a
ridosso dell'introduzione della nuova normativa, non entrano nel
merito della questione, limitandosi ad affermare che "la società
si adeguerà alle leggi come ha fatto e fa in ogni Paese in cui
opera".
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