ANTHONY TROLLOPE, 'IL PRIMO MINISTRO' (SELLERIO, 2 volumi pp. 1132 - 25,00 euro - Traduzione di Rossella Cazzullo).
Pur avendo, sin dal titolo, un chiaro e forte personaggio a partire dal quale tutto si sviluppa, i romanzi di Anthony Trollope (di cui quest'anno è caduto il bicentenario della nascita) finiscono per apparirci come affreschi corali di un'epoca per la ricchezza, quantità e soprattutto incisività dei tanti personaggi di contorno. Accade così anche con questo Il primo ministro, che appartiene al secondo dei cicli di Trollope (1815-1882), i Palliser novels. Il primo, il Ciclo del Barset, si svolgeva nelle dimore e nelle canoniche di campagna, questo invece è tutto cittadino, londinese, e questo scrittore il cui "incontestabile merito è la totale comprensione dell'usuale...
capace di sentire tutte le cose del quotidiano oltre che vederle", come diceva Henry James, è tra quelli che più d'ogni altro sa ritrarre la Londra delle classi dirigenti dei suoi tempi, puntando su due umane passioni, l'amore e il potere, la politica, tanto da mettere quasi totalmente da parte la sua vena umoristico satirica.
Due famiglie sono i nodi della narrazione, i Wharton e gli Omnium, questi ultimi rappresentati innanzitutto da Plantagenet Palliser divenuto Duca, esemplare e ricchissimo gentleman che, per le sue doti di lealtà e correttezza, viene nominato Primo ministro di un governo di coalizione in un momento particolarmente difficile per il paese, ma ha il difetto di avere una moglie che, a quel punto, si da da fare oltre misura, ambiziosamente, non solo dando pranzi e feste, ma anche cercando di tessere personali relazioni pubbliche, così da finire per creare guai al marito, che nel frattempo viene anche lui corrotto dal potere, mostrandosi sempre più intollerante e tirannico, poco politico in un momento di importanti e necessarie mediazioni.
A capo dei Wharton c'è invece un anziano avvocato molto importante che vorrebbe sua figlia Emily sposasse il vecchio amico d'infanzia Arthur Fletcher, di buona famiglia e antiche tradizioni, mentre questa preferisce il più passionale Ferdinand Lopez, di umili origini e arrampicatore sociale grazie a alcune fortunate speculazioni finanziarie, di origini portoghesi e forse anche ebreo. Trollope ne fa una figura simpatica pur nel suo cinismo e la segue nel suo percorso esistenziale come fa con tutti i suoi personaggi principali, passo passo, come fossero gli eventi a decidere del loro destino che si compie ineluttabilmente.
Questo ritratto della Londra vittoriana upper class, coi suoi riti mondani, luoghi e idee, eleganze e intrighi, idealismi e ambizioni, mentre la politica conosce un suo degrado e la stampa cerca di conquistarsi un suo ruolo a colpi di scoop, appare di grande e sottile realismo che gioca su tutti i chiaroscuri dei suoi personaggi e finisce per essere una naturale denuncia, non veemente, di una società in profonda trasformazione, in cui sono evidenti le radici, i difetti più che i pregi di quella nostra attuale.
"E' la malinconia a velare la conclusione de Il primo ministro, perché il lieto fine tanto caro ai vittoriani non può sicuramente dirsi completo", annota nell'introduzione la curatrice e ottima traduttrice Rossella Cazzullo, sottolineando le lezioni che la vita ha impartito a tutti, cominciando dal Duca di omnium sino alla povera Emily, aggiungendo che "a conforto generale resta il fatto che tutti i personaggi sembrano più saggi quando il sipario cala alla fine della scena", di oltre mille avvincenti pagine.
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