"Il rapporto tra potere e media fa
parte della storia, ma i giornalisti non devono accettare
nessuna forma di censura. In Rai siamo fortunati ad avere un
editore pubblico che è il Parlamento, perché proprio per questo
possiamo garantire correttezza e pluralismo; anche a fronte di
offerte molto generose dei concorrenti privati non sono mai
andato dall'altra parte perché ritengo che la Rai sia un punto
di forza della cultura e dell'informazione italiana". E' Bruno
Vespa a sintetizzare così le prerogative del servizio pubblico
intervenendo all'inaugurazione del corso 'Media, Informazione e
Potere' della scuola di formazione politica Spes Academy "Carlo
Azeglio Ciampi", presso l'Europa Experience David Sassoli di
Roma.
Non una Lectio Magistralis come da programma perché,
chiarisce subito Vespa, "non ne faccio, ma vi propongo
riflessioni da cronista che sta in Rai da 64 anni". Il
conduttore esordisce elogiando il richiamo della scuola a Ciampi
"a cui ho voluto bene e di cui ricordo la comune commozione
quando in visita nella mia città, L'Aquila, venne alla caserma
degli alpini e ci commuovemmo tutti. Ci voleva una persona che
aveva fatto la Resistenza per sdoganare la parola patria". Parte
dagli Usa e dall'avvento di Trump il giornalista per dire che
"in questo mestiere meraviglioso puo' cambiare tutto ed è
cambiato tutto dalla sera alla mattina: mai gli Usa sono stati
tanto lontani dall'Europa come in questo momento". Non facile il
rapporto dell'attuale presidente Usa con i media: "in 5 anni ha
fatto oltre 2.500 tweet contro la stampa ma è già iniziato il
riavvicinamento dei network e dei grandi giornali", certo con
condizioni non facili quando si viene espulsi dai briefing "se
si chiama il golfo del Messico con il suo nome e non golfo
d'America" come accaduto all'Ap.
In Italia i rapporti tra media e potere sono stati
ricostruiti con precisione dal libro 'Le mani sull'informazione'
di Paolo Panerai che viene citato da Vespa in una panoramica
sull'editoria. "In sostanza abbiamo solo due editori 'puri' cioè
Riffeser e Cairo" e nel volume si ricostruisce come "tutti, da
Agnelli a Debenedetti, hanno utilizzato i giornali per difendere
i loro interessi. In Rai l'editore è il Parlamento e feci
scandalo trent'anni fa dicendo che gli editori di riferimento
sono i partiti" ricorda sorridendo Vespa che ritiene che
"correttezza e pluralismo siano garantiti o non garantiti dai
direttori e dai responsabili delle trasmissioni". Come a dire
che è una questione di persone e professionalità prima ancora
che di sistema, anche se a ulteriore garanzia del pluralismo in
Rai ci sono gli organi di controllo: "la Rai è il posto più
libero perché siamo sotto gli occhi di tutti, totalmente allo
scoperto: se sbagliamo o commettiamo un peccato piccolo o grande
ci bacchettano".
Cio' detto, indignarsi se i politici al potere mettono bocca
nella dirigenza delle tv è un po' da ingenui anche per chi
invoca designazioni affidate a fondazioni o con società a
"scatole cinesi". L'esempio calza anche alla Bbc, modello di
riferimento da sempre per la sua correttezza e equidistanza,
spiega sorridendo Vespa, che ebbe modo di incontrare Tony Hall,
direttore generale della tv britannica e in precedenza ceo della
Royal opera house: "Quando gli chiesi perché aveva lasciato
l'opera per la tv mi rispose 'me l'ha chiesto Cameron'. Via la
politica dalla Rai: a chi lo raccontiamo? Neppure mio nipote di
due mesi ci crede".
All'inaugurazione del corso è intervenuta anche la presidente
della commissione di Vigilanza sulla Rai Barbara Floridia e il
direttore della Spes Academy Valerio De Luca, che ha ricordato
come l'obiettivo sia quello di formare "una nuova generazione di
professionisti consapevoli, capaci di interpretare criticamente
il panorama mediatico e di affrontare le sfide della
disinformazione".
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