- "A Livorno c'è un detto: meglio chiedere scusa che permesso.
Ma chi fa il mio lavoro penso non debba neanche chiedere scusa".
Parola di Paolo Ruffini, attore, regista, sceneggiatore e da qualche anno anche talent scout e produttore di nuovi giovani colleghi "scovati" sui social con la sua factory Vera.
"Negli anni 80 - racconta all'ANSA - dalla tv si poteva passare al cinema e al teatro. Oggi la domanda è se dai social, dove il linguaggio è più schietto e spontaneo, si possa creare teatralità". La risposta è nelle serate del Parioli Comedy Lab, rassegna di stand-up comedy con cui dal 20 al 23 dicembre porterà al Teatro Parioli di Roma alcuni dei migliori talenti del genere. Si apre, il 20, proprio con Ruffini e Io? Doppio!, suo personale titolo cult. E si prosegue poi il 22 con Andrea Dianetti, Elisa Marinoni, Aurora Camilli e Amedeo Abbate. Mentre il 23 dicembre sarà la volta di Chiara Anicito con il suo spettacolo Cammela e il gruppo delle mamme.
"Esattamente dieci anni fa - prosegue Ruffini - girai il film Fuga di cervelli. Da Youtube presi due ragazzi, quasi sconosciuti: erano Frank Matano e Willwoosh. La lezione che ho imparato è che un follower non vale per forza un biglietto al cinema, ma se il pubblico si accorge che dietro la tua immagine social c'è un barlume di artisticità, allora ha voglia di venire a vederti anche in sala. Max Angioni è un altro esempio: nato sui social oggi è volto degli spot Mediaset e a febbraio partirà in tour su palcoscenici come il Brancaccio a Roma e gli Arcimboldi a Milano".
Come si intuisce un talento? "Non lo so, qualcuno parla di un x factor - riflette -. C'è una sorta di ipnosi che ti porta a seguirlo. Ma bisogna fare attenzione: sui social si rischia di finire presto la benzina e bruciarsi".
Genere tradizionalmente anglosassone, la stand up comedy in Italia è molto amata soprattutto dal pubblico giovane. "Oggi impazza Chris Rock, certo - commenta Ruffini - ma Walter Chiari che faceva? E Raimondo Vinello? Mi piacerebbe che i ragazzi andassero a rivedere anche i 'nostri' grandi".
In una personale stagione piena di impegni (nelle feste porterà Io? Doppio! anche a Firenze, il 26 dicembre, e a Montecatini, il 31, mentre a febbraio riparte la tournée di Quasi amici in coppia con Massimo Ghini), Ruffini guiderà anche il primo laboratorio cinematografico all'interno della Comunità di San Patrignano. "Un vero orgoglio - dice - Ci sarà un corso per 'pensatori', ovvero il regista e gli sceneggiatori, e uno per gli attori. Ne nascerà un corto che porteremo al Festival di Giffoni".
Ma la comicità in Italia oggi come sta? "Tutti questi colleghi che si scusano in nome del politically correct mi fanno proprio solletico - risponde - Se domani faccio un film dove c'è un serial killer che ammazza la gente in bermuda, qui finisce che devo fare una dichiarazione ufficiale per dire che non sono d'accordo che chi porta i bermuda deve morire. E allora, Paolo Villaggio con Fantozzi cosa avrebbe dovuto fare? E Lina Wertmuller, donna di sinistra, progressista e femminista, che in un film sulla lotta di classe, per esigenze di scena, ha scritto che lui mena lei e la chiama 'puttana industriale'? Oggi - prosegue - non è il Papa o la Meloni che mi dicono cosa dire, ma Robertino72 che sui social scatena la valanga. Ricordo, invece, anni fa, allo spettacolo per una convention facevo battute su tutti tranne su un ragazzo con la sindrome di Down. Lui alla fine mi chiese: perché non hai scherzato con me? Ecco, escludere qualcuno dalla comicità è ghettizzarlo. Prenderlo in giro invece è la cosa più inclusiva che c'è. Spesso è una forma d'amore. Per questo ai miei talenti io dico sempre: siate liberi".
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