Toccherà a lui, il 13 luglio, aprire Umbria Jazz 2018. Quincy Jones, icona del Jazz, decano della musica più in generale, arrangiatore, produttore, compositore, direttore d'orchestra, 85 anni di virtuosismi, è tra i nomi più attesi della 45/a edizione della manifestazione a Perugia (in programma fino al 22 luglio). Lui, che sceglie con il contagocce i palcoscenici su cui esibirsi, ha accettato l'invito dell'Arena Santa Giuliana, dove arriva per la prima volta, e ha voluto accanto a sé alcuni grandi artisti per uno spettacolo inedito. Nel nome del jazz, ci saranno Patti Austin, Dee Dee Bridgewater, la brasiliana Ivan Lins, Noa. E ancora Gil Dor, Take 6, Alfredo Rodriguez, Pedrito Martinez. C'è anche un po' di Italia con Paolo Fresu e l'Umbria Jazz Orchestra. "Ho tanti legami forti con la musica italiana, da Romano Mussolini a Piero Piccioni, passando per Armando Trovajoli e Ennio Morricone. Sono cresciuto con loro".
"Il jazz per me significa libertà di improvvisare, libertà di movimento, libertà di espressione. Insomma, la libertà di fare qualunque cosa. E in questo non ha mai cambiato di significato in tanti anni, anche se ha vissuto fasi di cambiamento - spiega l'arzillo artista, sbarcato a Roma, prima di raggiungere Perugia -. Il jazz è anche la libertà di poter spaziare, di 'frequentare' altri generi". Come quando a 14 anni con l'amico Ray Charles, racconta, per sbarcare il lunario "suonavamo tutto, dalla classica al rhythm and blues".
Il successo, spiega, è una conseguenza, non un obiettivo per chi fa musica. "Mai l'ho fatto e mai lo farò di scegliere la musica per ottenere successi e guadagni. Continuo a farlo per le emozioni che mi trasmette e che poi trasmetto agli altri", spiega ancora Jones, dalla cui mani di produttore è uscito Thriller di Michael Jackson, album record da 130 milioni di copie vendute. "Ma quello è un altro discorso...", taglia corto. Alla base di tutto, aggiunge, "ci si deve ricordare sempre di rimanere connessi alle proprie radici. Bisogna sapere da dove arriva la musica che suoniamo. Molti pensano, ad esempio, che l'hip hop sia nato 30 anni fa. Niente di più sbagliato. E' in giro da mille anni, è una ricostruzione di suoni che c'erano già. E' un peccato che in America non ci sia un ministro della Cultura: potrebbe spiegare che la break dance viene dalla capoeira brasiliana".
Nel fiume di ricordi e di aneddoti, il maestro Quincy pesca anche l'incontro riservato a Castel Gandolfo nel 1999, durante il quale Giovanni Paolo II ricevette lui, Bono Vox e Bob Geldof, impegnati per l'azzeramento del debito dei Paesi del Terzo Mondo. "Mi colpirono le sue scarpe, rosse. Che mi sembrarono fuori luogo e lo dissi a Bono. Il papa sentì il mio commento ma non se la prese a male".
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