DENISE PARDO, LA CASA SUL NILO (Neri
Pozza, pp. 288, 18 euro). Un crocevia di storie e suggestioni
intriganti, un Paese cosmopolita, mondano e capace di rispettare
ogni religione, un luogo dove vivere in armonia, coltivare
amicizie, farsi affascinare da stimoli contrastanti: è questo
l'Egitto che Denise Pardo racconta nel suo romanzo "La casa sul
Nilo", edito da Neri Pozza. Il libro, che segna l'esordio
letterario di Pardo, è strettamente legato alla sua vita: una
storia autobiografica quindi, nella quale la narratrice riporta
il lettore indietro agli anni '50 con una scrittura capace di
descrivere l'intensità dei sentimenti e delle passioni. Nel
racconto l'Egitto appare come una sorta di Eldorado, un luogo
felice che ha accolto una famiglia di ebrei sefarditi arrivati
al Cairo assieme alle vicissitudini dell'Europa dei primi
trent'anni del Novecento. Pardo si rivede e si racconta bambina,
quando la vita con la sua famiglia era scandita dalla convivenza
civile, tra i caffè del Cairo e le feste, le conversazioni
affascinanti, i salotti. Fino a quando all'improvviso tutto
cambia: con l'ascesa al potere di Nasser, l'autrice con la
nonna, il padre, la madre e altre due sorelle è costretta a
fuggire da quel mondo così amato. Dapprima impercettibilmente, e
poi con sempre maggiore evidenza, l'Egitto infatti si trasforma,
diventa fosco e pericoloso. Gli stranieri non sono ben visti,
l'intolleranza religiosa si fa dogma. E così, in un abbandono
doloroso, improvviso e straniante, Pardo scappa con la famiglia
in Italia, nel 1961, raggiungendo Roma, appena in tempo, prima
che sia troppo tardi.
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