(di Marzia Apice)
VALENTINA TANNI, CONVERSAZIONI CON LA
MACCHINA. IL DIALOGO DELL'ARTE CON LE INTELLIGENZE ARTIFICIALI
(Edizioni Tlon, pp.96, 12 euro). Quando si parla di intelligenza
artificiale, c'è chi si approccia alle macchine con un autentico
senso di meraviglia, e chi, al contrario, le vede come entità
rivali e minacciose, da temere. Eppure, si potrebbe provare a
costruire un'alternativa che vada al di là di questa dicotomia,
seguendo l'esempio di alcuni "artisti pionieri", del '900 e
contemporanei, interessati più al concetto di "vita artificiale"
che a quello di intelligenza artificiale. E' questa la
riflessione che Valentina Tanni, storica dell'arte contemporanea
e docente, propone al lettore nell'interessante saggio
"Conversazioni con la macchina", in libreria con Tlon dal 26
marzo. La chiave per inquadrare in un'ottica diversa il binomio
uomo-macchina è proprio quello di recuperare la prospettiva
della relazione: a chi si chiede se davvero si possa dialogare
con le macchine e testare possibili forme di coabitazione, la
risposta di Tanni è senz'altro affermativa. L'autrice lo
dimostra raccontando le esperienze esemplari di alcuni esponenti
del mondo dell'arte, a partire da quella dell'artista, psicologo
e ingegnere inglese Gordon Pask che nel 1953 costruì il
Musicolour, un sistema elettromeccanico in grado di produrre uno
spettacolo luminoso in risposta a degli stimoli sonori e di
dialogare di fatto con l'essere umano, innescando un botta e
risposta potenzialmente infinito. Oggi il dibattito
sull'intelligenza artificiale si concentra sull'apprendimento
della macchina - ossia sulla capacità dell'uomo di "insegnare"
alla macchina a essere intelligente -, partendo da quanto diceva
Antonio Caronia secondo il quale la macchina è "il nostro
doppio", che rivaleggia con l'essere umano. Ma se si amplia
l'orizzonte, il computer "forse può diventare anche uno specchio
attraverso cui comprendere più a fondo i nostri stessi
comportamenti", afferma Tanni. Nel libro, che l'autrice
definisce un catalogo di metafore della relazione, gli artisti
presi in esame si pongono domande non "relative alla capacità
che questi sistemi hanno di performare, eseguendo in maniera
impeccabile i compiti loro assegnati, quanto alla loro capacità
di agire, rispondere, dialogare, creare, esistere nel mondo".
Seguendo l'attitudine esplorativa messa in pratica in alcune
ricerche nell'ambito artistico, si può scoprire che "la macchina
diventa, di volta in volta, un alter ego, un collaboratore, una
figlia, un amante, un animale selvaggio. L'artista diventa una
maestra, una genitrice, un giardiniere, un domatore e uno
sciamano". E da qui, provare a chiederci quale rapporto vogliamo
instaurare con delle macchine che sembrano possibili "soggetti".
Pur nelle varie differenze, nelle esperienze raccontate da Tanni
emerge un dato comune: gli artisti concordano sul fatto che le
macchine non sono strumenti nel senso tradizionale del termine.
Come sottolinea l'autrice, "non si può negare che alcuni sistemi
generativi esibiscano le caratteristiche di una forma di vita, e
come tali richiedano la ricerca di una forma di relazione".
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