(di Mauretta Capuano)
È "assolutamente vergognoso" per la
giornalista e scrittrice istriana Anna Maria Mori l'atto
vandalico compiuto alla foiba di Basovizza, con tre scritte in
lingua slava, una delle quali dice 'Trieste è nostra', comparse
alla vigilia della Giornata del Ricordo che si celebra il 10
febbraio. "Abbiamo veramente pagato tanto", dice all'ANSA Mori,
nata a Pola, che ha vissuto l'esodo dalla sua terra a 9 anni.
"È un orrore che come popolo ci perseguita, un po' simile
all'antisemitismo che perseguita gli ebrei. Anche noi come
istriani abbiamo vissuto questa nostra tragedia e abbiamo pagato
con un silenzio imposto per quasi 50 anni dalla politica sulla
nostra storia che è stata negata fino al Giorno del Ricordo. E
quando finalmente è stata sdoganata c'è stata una parte
dell'Italia che ha vissuto tutta una vulgata anti-noi,
anti-Istria, che ci ha criminalizzato, che ha dichiarato che
eravamo tutti fascisti e noi eravamo solo povera gente. C'è
ancora chi dice che le foibe non erano così, che gli esuli non
erano 350 mila ma fai conto 20 mila, che erano partiti per una
vacanza e così via" racconta Mori. Gli scritti vandalici sulla
foiba di Basovizza, sottolinea però la giornalista-scrittrice,
"sono in sloveno. La comunità slovena che abita in quelle zone,
anche a Trieste, è quella che mal digerisce che si parli di
questa storia. La scritta in sloveno penso che sia opera loro,
mi pare buffo che sia opera di italiani".
"Sloveni e croati hanno perseguitato gli italiani come vendetta
per quello che il fascismo aveva fatto con loro. Non c'è dubbio
che ci sia una colpa del fascismo, però sarebbe come se adesso
noi partissimo per uccidere tutti i tedeschi. Mi sembra un
discorso che non si può fare" sottolinea la scrittrice che vive
a Roma. Ma questa nicchia resistente "è formata anche da molti
italiani. La vicenda tragica di Porzus, anche quella nascosta
per anni, riassume perfettamente la situazione. Sono stati
partigiani italiani filo slavi ad uccidere altri partigiani
italiani i quali erano colpevoli, ai loro occhi, di essere
contrari all'annessione dell'Istria alla Jugoslavia", incalza
Mori.
La scrittrice non si stupisce comunque di questo atto
vandalico: "gli insulti, le offese ai monumenti alle foibe in
tutta Italia ci sono tutti gli anni per il Giorno del Ricordo,
non è una novità. Certo la foiba di Basovizza è la più
simbolica, è come se fosse il Monumento al Milite Ignoto per noi
istriani", sottolinea l'autrice di Bora (Marsilio), scambio
epistolare con Nelida Milani, scritto trent'anni fa e di altri
due libri dedicati all'Istria: 'Nata in Istria' (Rizzoli) e
'L'anima altrove' (Rizzoli), oltre a due documentari: 'Istria
1943-1993. Cinquant'anni di solitudine' e 'Istria. Il diritto
alla memoria'.
"Anche durante le presentazioni dei miei libri sono stata
aggredita, insultata e perseguitata un po' ovunque da questa
nicchia resistente che continua a negare, a non voler vedere
questa verità che come dice Gramsci è sempre rivoluzionaria".
Con il primo libro, Bora, "ho cercato disperatamente di cucire
una frattura fra quelli che sono venuti via che odiavano quelli
che sono rimasti e viceversa. Ho raccontato la sofferenza da una
parte e dall'alta. Ho cercato di raccontare i fatti che nessuno
ha smentito".
La scrittrice ha anche avuto problemi a trovare la
documentazione per i suoi libri. "Solo nelle librerie di Trieste
c'era qualcosa. C'è una ignoranza diffusa coperta dalla
ideologia e questo è il problema. Le ideologie sono difficili da
smontare. Bisogna aver voglia di leggere, di capire. Invece è
molto più rassicurante chiudersi nelle proprie certezze e
rifiutare qualcuno che le mette in dubbio".
Ma perché c'è stato questo lungo silenzio sulla vostra
storia? "Ci siamo raccontati che con la Resistenza la guerra la
abbiamo vinta, ma noi la abbiamo persa senza togliere nulla al
grande valore e merito della Resistenza. La Jugoslavia era tra i
popoli che la hanno invece vinta la guerra e quindi nel tavolo
delle trattative ha chiesto l'Istria. Quindi noi siamo la
testimonianza della sconfitta, come la polvere sotto il
tappeto".
Cosa si augura per il Giorno del Ricordo? "Che piano piano la
gente cominci a capire che noi siamo parte della storia
nazionale, non siamo un popolo a parte. Il problema resta
l'ignoranza", dice con convinzione.
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