(di Marzia Apice)
MONICA GIORGI E SERENA MARCHI, DOMANI
SI VA AL MARE. WIMBLEDON, ANARCHIA, PRIGIONI, ESILIO E NUOVI
MONDI (Fandango Libri, pp.300, 18 euro). La tenacia di non
piegarsi mai, nello sport come nella vita, il forte senso di
giustizia e quella voglia mai sopita di superare tutti i "muri"
che il destino le ha messo davanti: ha camminato su tante
strade, spesso non facili, Monica Giorgi, protagonista del
grande tennis italiano negli anni d'oro di Adriano Panatta e Lea
Pericoli, che si è raccontata senza filtri nel libro "Domani si
va al mare", scritto a quattro mani con Serena Marchi e in
uscita il 28 gennaio con Fandango. Conquistata fin da
piccolissima da racchette e palline - il papà, suo primo
sostenitore, quando non ha ancora sei anni le dice che un giorno
solcherà i campi in erba più belli del mondo, quelli di
Wimbledon - la livornese Giorgi, classe 1946, mette alla prova
il suo fisico minuto e scattante con allenamenti sempre più
intensi fino a essere riconosciuta precocemente come un vero
talento dello sport.
Brava più nel doppio che nel singolo, inizia una carriera
promettente, sempre animata dalla voglia di sfidare e
sorprendere l'avversario: nel corso degli anni viaggia e vince
match dopo match, stringendo anche amicizie importanti, come
quella con Lea Pericoli. Ma la dimensione sportiva non le basta:
Monica ama studiare e la passione per la filosofia la avvicina
ai movimenti non violenti, a Gandhi e Martin Luther King, e alla
militanza politica. Insieme agli anarchici livornesi comincia
una campagna in difesa dei diritti dei carcerati con la
fondazione della rivista Niente più sbarre. Negli anni '70 il
femminismo e la libertà delle donne, la lotta all'autoritarismo
e la voglia di giustizia sociale diventano per lei temi
preponderanti. Poi accade l'impensabile: un pentito in una
"confessione" la chiama in causa e la tennista finisce in
carcere da innocente per reati di banda armata e tentato
sequestro. Resterà detenuta per due anni: un periodo buio, in
cui deve far appello a tutta la sua forza per non cedere.
L'inaspettato aiuto le arriverà dal matrimonio con un anarchico
che le dà la cittadinanza svizzera tutelandola da un'eventuale
riapertura del caso in Cassazione.
Dallo sport alla politica, il libro avanza con una scrittura
agile e schietta: gli eventi corrono e si intersecano, e sembra
quasi di "vedere" la protagonista mentre resiste alle
difficoltà. "L'ho pagato caro, il non lasciarmi imbrigliare in
categorie ben precise", scrive l'autrice, che riesce sempre a
rialzarsi, restando coerente ai suoi principi. L'orgoglio delle
vittorie sportive si alterna alla rabbia per l'ingiustizia
subita, in un racconto che procede a ritmo serrato: l'autrice si
rivela per ciò che è, con sincerità, raccontando gli sbagli e le
conquiste, l'esilio all'estero con un nuovo nome, la tenerezza
per quel bambino dello Sri Lanka che fa adottare da una coppia
di amici e la gratitudine per i molti che non l'hanno
abbandonata, e poi ancora il dolore provato in carcere, la paura
di non farcela, la gioia per la libertà finalmente ritrovata.
"Mi sono sempre esposta, in prima persona, mai nascosta -
scrive, rivelando chiaramente al lettore il suo approccio alla
vita - Ci metto sempre il mio nome, il mio cognome, la mia
faccia, la mia anima, per le cause in cui credo. Non solo
nell'impegno sociale ma anche nel tennis. Tutti sanno chi sono,
cosa faccio e cosa penso. Monica Giorgi, eccomi, sono qua".
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