(di Paolo Petroni)
ALBERTO TOSO FEI, ''IL PIEDE DESTRO
DI BYRON'' (MARSILIO, pp. 248 - 15,00 euro). Ecco un giallo di
cui sono protagonisti innazitutto i misteri di una città come
Venezia, dalla storia sempre in bilico tra verità e mito, tra
realtà e illusione, come i suoi palazzi e il loro argenteo e
vibrante riflesso sull'acqua. Certo, ci sono ben due morti
ammazzati, il frate Enea Pansardi e la giovane Margherita Sada,
che pongmno problemi non facili da risolvere agli inquisitori e,
soprattutto, al protagonista Alessandro Nicoli, giornalista che
si fa investigatore, ma proprio sul filo di tali delitti e delle
indagini si capisce come questi siano un pretesto narrativo,
perché il percorso per arrivare a capirne qualcosa è tutto
storico e culturale, sono pezzi della storia di questa città,
tra luci abbaglianti che stordiscono e ombre di calli e rii. E'
un gioco continuo tra grande passato e presente (e incontreremo
anche un Cronovisore), come accade appunto al nostro Nicoli,
prigioniero di un suo antico grande amore finto tragicamente per
Eliana, con cui continua a parlare non dandosi pace, e coinvolto
con tutte le sue insicurezze nel rapporto nuovo con Marina, che
potrà trovare il proprio slancio solo quando ci si sarà liberati
del primo, quando avranno una soluzione i due omicidi.
Si inizia così con la vogata alla veneta, un remo solo:
''dentro, spinta, rapida torsione, e fuori'' solcando con un
sàndolo l'acqua in cui Eliana morì e si finisce salendo su un
vaporetto di linea per correre da Marina. Tra i due momenti, a
far da guida a Nicoli, e al lettore, sono, partendo da una
moneta d'oro trovata sott'acqua, le tante avventure veneziane e
i versi di Lord Byron e la ''Hipnerotomachia Poliphili'', uno
dei libri più misteriosi mai scritti, racconto anonimo di un
viaggio iniziatico alla ricerca della donna amata corredato di
tantissime, affascinanti xilografie, stampato a Venezia dal
mitico Manuzio nell'ultimo mese del XV secolo (e recentemente
ripubblicato da Adelphi, per chi, dopo la lettura del romanzo di
Toso Fei si fosse inevitabilmente incuriosito).
Un gioco che ha come chiavi alcuni detti, dal francese ''Honi
soit qui mal y pense'' a ''No sia nisuno de pi sfortunati che
seco'', che passa da un'isola della laguna all'altra, da San
Giacomo in Paludo a Murano con la basilica dei santi Maria e
Donato, da una trattoria veneziana a una romana. Insomma il filo
della narrazione corre lungo tutti i luoghi storici di Venezia
mostrandocene i risvolti culturali, con parole e detti veneti
che creano un particolare eco nel racconto. Si entra allora
nella Biblioteca Marciana come alla Querini Stampalia, in
antichi monasteri o, durante una puntata romana, nelle Grotte
vaticane, passando dall'inventore Pellegrino Ernetti al fisico
olandese Hendrik Casimir, da Giordano Bruno allo storico
Emanuele Cicogna, dalla grande tradizione a un film di Emma
Dante.
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