(di Paolo Petroni) Saranno 70 anni il 20 novembre dalla morte nel 1952 di Benedetto Croce, tra i personaggi più autorevoli intellettuali e morali della prima parte del Novecento, e il neo ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, napoletano, come primo atto del suo incarico ha reso omaggio al filosofo.
Contemporaneamente si sono celebranti anche i 100 anni dalla approvazione nel 1922 della importante e precorritrice legge a tutela delle ''bellezze naturali'' e gli ''immobili di particolare interesse storico'' firmata da Croce.
Nominato per
censo senatore nel 1910, da Ministro della Pubblica Istruzione
nel quinto governo Giolitti (1920-1921) presentò il disegno di
legge a settembre 1920 e, in seguito alla caduta del governo,
questa venne approvata col necessario iter parlamentare, due
anni dopo.
Croce, nato a Pescasseroli il 25 febbraio 1966 in una ricca
famiglia di proprietari terrieri, perde i genitori a 17 anni a
causa del terremoto di Casamicciola e passa sotto la tutela del
senatore Silvio Spaventa, fratello di Bertrando, filosofo
hegeliano, grazie ai quali crescerà in ambiente culturale e
politico che lo influenzerà profondamente e, incontrato
Labriola, avrà una breve infatuazione marxista. Non terminò mai
gli studi universitari e, dopo vari viaggi in Europa, si stabilì
a Napoli. Nel 1903 crea la rivista che sarà lo strumento di
divulgazioni del suo pensiero e delle sue posizioni: ''La
critica'', fondata con Giovanni Gentile, con cui romperà
l'amicizia quando, dopo il delitto Matteotti, da fautore del
fascismo ne diverrà dichiarato oppositore, rifiutando la nomina
a Accademico d'Italia, e scriverà, in risposta al ''Manifesto
degli intellettuali fascisti'' dello stesso Gentile, il
''Manifesto degli intellettuali antifascisti'', in cui si legge
che ''contaminare politica e letteratura, politica e scienza è
un errore, che, quando poi si faccia, come in questo caso, per
patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione
della libertà di stampa, non può dirsi nemmeno un errore
generoso''. Diverrà così punto di riferimento morale e culturale
di molto dissenso, specie quello di matrice liberale e decadrà
da senatore e ogni altra carica dopo che rifiutò di votare le
leggi razziali nel 1938. Dopo la guerra, coinvolto nei governi
Badoglio e Bonomi, eletto all'Assemblea Costituente, non accettò
la proposta di essere candidato a Capo provvisorio dello Stato,
così come poi rifiutò la nomina a senatore a vita. Nel 1946
fondò a Napoli l'Istituto italiano per gli studi storici.
La dottrina crociana improntata allo ''storicismo
assoluto'' ebbe grande influenza politica sulla cultura italiana
e il suo pensiero, la sua ''religione della libertà'' è stato
riscoperta e apprezzata specie negli Stati Uniti, mentre le sue
idee estetiche, relative in particolare alla storia letteraria
(a cominciare dalla sua distinzione tra arte e non arte,
''Poesia e non poesia''), hanno suscitato nel dopoguerra varie
critiche. Per lui, semplificando, l'arte (qualsiasi forma
d'arte) è pura intuizione, cui poi affiancherà il termine
''lirica'', a precisare che, a prescindere dal genere cui
l'opera può ascriversi, l'arte è sempre ''espressione di un
sentimento'', arrivando infine a affermare che ''dare al
contenuto sentimentale la forma artistica è dargli assieme
l'impronta della totalità, l'afflato cosmico'', quindi un valore
morale. L'artista è colui che ha un'intuizione di tale intensità
da farsi contemporaneamente espressione adeguata, e se questo
non accade vuol dire che non è arte perché l'intuizione non ne
ha la forza espressiva. Per questo la sua logica fu sempre
distante da criteri scientifici e razionali e su questo si
scontrò con matematici e fisici che ritenevano parte della
cultura filosofica le loro ricerche.
Le sue riletture critiche, fatto salvo sue idiosincrasie per
certo Pascoli o Leopardi, per fare due nomi, sono comunque un
momento fondamentale di interpretazione della nostra
letteratura, a cominciare dalla ''Divina commedia'', discutibile
per molti aspetti ma indubbiamente nuova e moderna. I suoi saggi
le sue raccolte su ''Poeti e scrittori d'Italia'' o i sei volumi
della sua ''Letteratura della nuova Italia'' ne sono la
testimonianza.
Il discorso sulle idee di Croce, che comunque ha segnato il
nostro Novecento, è troppo ampio e complesso per darne resoconto
in questo breve spazio commemorativo. Comunque, per chi fosse
curioso della sua persona, del suo lavoro, del suo mettersi in
discussione e indagarsi, del suo sentire la vita come pensiero,
come testimoniano il suo ''Contributo alla critica di me
stesso'' e i Diari tenuti nell'arco di tutta la vita, ecco
appena arrivato in libreria un volumetto prezioso,
''Soliloquio'' (Adelphi, pp. 124 - 12,00 euro), a cura di
Giuseppe Galasso, che ci propone di quelle pagine i momenti e le
riflessioni più personali e più significative in quel partire
dalla storia e la letteratura per arrivare alle scelte morali,
politiche e sociali.
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