(di Mauretta Capuano) Poco mondano e defilato, il Nobel turco Orhan Pamuk, arrivato per la prima volta in Sardegna per ritirare il Premio Internazionale Costa Smeralda 2022, parla della guerra in Ucraina e di una umanità "terrorizzata dalla bomba atomica" e si sofferma su quanto sia meravigliosa la parola "dibattito, soprattutto quando si viene da un paese come la Turchia dove non c'è libertà di parola".
"Rispetto alla guerra fredda non abbiamo più due superpotenze che si oppongono ma una sola, la Russia contro l'intero sistema mondiale e il modello capitalistico.
Questa è la minaccia che ci allarma tutti
e causa uno squilibrio. La minaccia è a bomba atomica e il
rischio è forte" ha detto Pamuk. E ha aggiunto: "Qualche volta
sono stato critico nei confronti di Obama per non essere
intervenuto a proposito dell'aggressione di Putin alla Crimea.
Ma poi ho pensato: cosa avrebbe dovuto fare? Se si fosse esposto
sarebbe stato come Re Lear di Shakespeare: 'faro' cose... che
spargeranno terrore sulla terra'".
L'autore di 'Istanbul' e de 'Il museo dell'innocenza',
fresco di nozze, che il 7 giugno compirà 70 anni, ha dedicato
il suo nuovo romanzo a 'Le notti della peste" che rimanda al
dramma che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, la pandemia. Uscito
sei mesi fa in Turchia e in Russia un mese prima che scoppiasse
la guerra, sarà pubblicato in Italia a settembre da Einaudi, il
suo editore italiano. "La nazionalità è sempre molto importante,
ma quello che è più importante per me è la lingua. Che cosa
significa essere turco? E' parlare la mia lingua quindi il mio
sentirmi turco. Naturalmente ci sono anche questioni legate alla
religione, alla geografia, però l'unica lingua con la quale mi
sento di fare le acrobazie, con cui mi sento a mio agio è il
turco. Io sono un turco filo occidentale e non sono l'unico, ci
sono milioni di turchi come me. Mi sento molto vicino
all'Europa e anche il fondatore della Repubblica turca Mustafa
Kemal Atatürk era filo occidentale. Ma c'è ancora il 50% dei
turchi che oppone resistenza all'idea di Europa" spiega Pamuk.
Il Premio Nobel ricorda un libro "che forse tutti i nostri padri
hanno letto, 'Sulla spiaggia' del 1957, un romanzo breve
diventato un celebre film, che parlava di un Paese che aveva la
bomba atomica e ad un certo punto ha causato la guerra. Era
incredibile, le persone aspettavano semplicemente di morire.
Tutta l'intera umanità era preoccupata della bomba atomica. Dopo
70 anni le cose erano migliorate e avevamo trovato il modo di
far evadere le nostre menti per dimenticare questo incubo, ma
adesso in un attimo tutte le illusioni sono state spazzate via"
sottolinea.
A 'Le notti della peste' "mi sono dedicato per tre anni e
mezzo, nel periodo della pandemia. Pensavo di scrivere un libro
sulla peste già 40 anni fa. I miei amici quando hanno sentito
che avevo iniziato un libro su questo argomento mi hanno detto
'ma stai scherzando! A chi può interessare?', poi quando è
scoppiata la pandemia hanno pensato che ero molto fortunato
perché era un tema attuale. Ma in realtà non ho avuto tutta
questa fortuna, perché mia zia è stata una delle prime vittime
della pandemia, è morta a Istanbul di coronavirus. E' stato come
se fosse stato il karma che mi è tornato indietro" afferma
Pamuk. Di tutti i dibattiti scoppiati sulla gestione della
pandemia sottolinea: "Credo che sia giusta la quarantena, ci
sono anche dei pazzi che dicono che non è giusto niente. Il
dibattito - ribadisce - è una cosa meravigliosa" e aggiunge:
"Sono assolutamente in disaccordo con Donald Trump ma il fatto
di bloccare Twitter credo sia sbagliato. E non c'è stato un coro
per abolire questo divieto". Il Nobel nel 2016 "mi ha cambiato
la vita e in meglio, quello che non è cambiato è la mia
scrittura" dice in uno speciale momento di ironia sul palco del
Conference Center di Porto Cervo, dove il 28 maggio gli è stato
consegnato il Premio Costa Smeralda ripartito dopo due anni di
stop per la pandemia con una nuova edizione presieduta da Renzo
Persico e la nuova direzione artistica del giornalista Stefano
Salis.
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