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Da Cannes sguardi femminili, Hafsia Herzi racconta il queer

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Da Cannes sguardi femminili, Hafsia Herzi racconta il queer

Sette cineaste in gara e le attrici-registe Stewart e Johansson

CANNES, 16 maggio 2025, 19:42

dell'inviata Alessandra Magliaro

ANSACheck
- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 Una lotta interiore strazia Fatima, l'ultima di tre sorelle: francese di origine algerina, musulmana, praticante, studentessa modello, pratica il football ed è divorata dai sensi di colpa perchè sta scoprendo di essere omosessuale e la sua religione non approva. E' il plot de La Petite Derniere, film dell'attrice Hafsia Herzi, nota al grande pubblico per Cous Cous di Abdellatif Kechiche che scandalizzò Venezia nel 2007 vincendo il Leone d'argento. Con questo film, un efficace ritratto di una giovane di seconda generazione lungamente applaudito oggi, Herzi per la prima volta accede con la sua terza opera al concorso del festival di Cannes in un gruppo di sette cineaste su 22 titoli, un numero che fa ben sperare nella tanto attesa svolta per la parità di genere al cinema. Ed è attrice e regista, una nuova categoria sempre più affollata anche sulla Croisette: oggi oltre ad Hafsia ha fatto il photocall per The Chronology of water in premiere questa sera alle 22 la star hollywoodiana Kristen Stewart che presenta a Un certain regard il suo primo film adattamento del bestseller autobiografico di Lidia Yuknavitch, esplorando come il trauma di una giovane donna (Imogen Poots) cresciuta in un ambiente devastato dalla violenza e dall'alcol possa essere trasformato in arte letteraria. In attesa il 20 maggio di un'altra star americana, Scarlett Johannson che realizza il sogno a lungo accarezzato di debuttare alla regia con Eleonor the great. In entrambi casi storie di traumi, autodeterminazione, riscatto
Lo sguardo femminile arriva sul grande schermo dopo anni di attesa con numeri non ancora esaltanti ma certo riflesso di un cambiamento di rotta nell'industria cinematografica che vede spesso le cineaste entrare anche nella produzione un po' ovunque, Italia compresa come testimoniato ai recenti David di Donatello.
Qui a Cannes si attendono in concorso Julia Ducorneau con Alpha, la nuova opera di cui si vocifera un gran bene, dopo la discussa Palma d'oro di Titane nel 2021, la catalana Carla Simon che aveva vinto a Berlino l'Orso d'oro e qui presenta Romeria, la giapponese Chie Hajakawa con Renoir, la voce emergente del cinema tedesco Masha Schilinski con Sound of falling, l'inglese Lynne Ramsay con Die my love per concludere con l'americana Kelly Reichardt con The Mastermind.
Adatta liberamente l'omonimo romanzo di Fatima Daas, ripercorrendo la storia di una giovane donna musulmana e omosessuale, Hafsia Herzi con La Petite Dernier diretto dall'affermata attrice francese, vincitrice di due premi César come attrice (l'ultimo quest'anno per Borgo), habituèe di Cannes, in competizione due volte come attrice. La sua è una esplorazione del mondo queer seguendo la giovane Fatima (Nadia Melliti), che si lava per pregare, indossa il velo nella cameretta recitando il Corano, e prepara a scuola la maturità.
Avrebbe un fidanzatino che le propone di fare le cose seriamente ora che ha avuto un lavoro fisso come sposarsi, fare figli: Fatima lo guarda impassibile avendo per il suo destino in mente ben altro. La consapevolezza di essere lesbica le arriva piano ma è decisivo l'incontro via social con una giovane infermiera coreana, straniera in Francia. E' innamoramento con alti e bassi, delusioni e ripensamenti ma è soprattutto il rapporto con Allah che la inquieta, pensando che la sua sofferenza d'amore sia conseguenza diretta della sua colpa, ossia dell'essere omosessuale. Si rivolge all'Imam del quartiere chiedendo 'per conto di un'amica' cosa fare: in una scena meravigliosa il sacerdote spiega che essere omosessuali non è permesso da nessuna religione e da sempre, ma tra donne "è un po' meno grave". Pregare, credere in Allah e amare una donna, emancipandosi dalle origini? Questo il dilemma di Fatma.  

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